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Alessandro Siani, lettera a Pino Daniele: “Il dolore di Napoli”

È mezzanotte quasi e come si dice a Napoli “Passat ‘o Sant, passat ‘a fest“, ma non per Pino Daniele. Oggi sarebbe stata per lui una doppia festa, il suo onomastico, e in quanto padre di 5 figli, anche la festa di un padre. Un padre che però ha lasciato un patrimonio artistico non solo alla propria famiglia, ma ai napoletani, all’Italia e al mondo intero. È trascorso un anno dalla sua scomparsa ma Napoli, incessantemente, continua a parlare di lui, a fare concerti in suo onore, a cantare le sue canzoni e predicare il suo verbo in ogni angolo di questa splendida città.

Con le sue canzoni, vere e proprie poesie nei confronti di Napoli, ha reso ancora più bella la città del sole, la più romantica e difficile dell’Unione. Tutti gli artisti che hanno apprezzato la sua musica, attori, intellettuali, cantanti, piangono la sua scomparsa. Ogni giorno i diari di Facebook e tutti gli altri social network sono invasi dalle sue frasi, canzoni, video e immagini. Le emozioni che provocano ogni singola strofa dei suoi testi hanno contribuito a rendere la bellezza di Napoli qualcosa di concreto, che tutti possono toccare.

Alessandro Siani: lettera a Pino Daniele

Tra le dediche più belle che oggi abbiamo letto, senza dubbio, la più “sentimentale” è stata quella pubblicata dall’attore e regista partenopeo Alessandro Siani. Ricorda un momento della sua vita che ha condiviso insieme al cantante di “Napule è”: parole toccanti e umane che sottolineano quanto la morte di questo cantautore abbia lasciato una ferita, ancora aperta, in questa splendida città:

Quando cammini nella mia città non riesci ad essere obiettivo, non riesci a dare un giudizio su quello che i tuoi occhi stupiti stanno guardando, confusi dalle immagini che entrano nel cuore, rimbalzano dall’anima e poi quando meno te lo aspetti ritornano alla mente. Allora Napoli che cos’è? Napoli è l’amarezza squarciata da un sorriso che appare sul viso di un bambino come un arcobaleno dopo una pioggia di lacrime.
Appena finii di pronunciare questa frase Pino Daniele iniziò con la sua chitarra, con le mani accarezzò le corde dell’anima cantando “Terra mia“. Era mercoledì 10 luglio 2013, Foro Italico a Roma, ed io ero sul palco assieme a lui. Mi tremavano le gambe.
Pino ha cantato “Terra mia” e ha cantato la verità perché ‘sta terra è ‘a soia. Si capisce dagli occhi della gente, dal sentimento che è stato capace di donare negli anni, dall’ombra che è scesa in queste ore sul sole amaro di Napule è. Il popolo ha voglia di comunicare questo suo dolore, e lo fa con abbracci, stringendo le mani, piangendo; non scrive sui muri della città, ma sui graffiti di Internet, sui murales che sono le pareti di Facebook, scrivono tutti di tutte le generazioni, dicono che sei immenso, Pino, che sei uno di famiglia, ti scrivono tutti, e tra i tanti giovani ti scrive anche un ragazzo che si chiama Salvatore. Dice: «’A musica ‘e Pino Daniele nun ‘a siente, ‘a musica ‘e Pino Daniele ‘a tuocche, ‘a tuocche ‘ncopp’a nu muretto scarfato d’o sole, ‘a tuocche ‘ncopp’a ‘na ringhiera quanno guarde Napule ‘a copp’a San Martino, ‘a toucche ‘ncopp’a pelle sporca ‘e sale ‘e nu piscatore, nui napulitane nun simme figli né frate, nui napuliane simme ‘e note e ‘a musica ‘e Pino Daniele, Napule è… e sarrà “Pinuccio”». Questo dice la Terra tua.