Moglie comprata in Arabia: La legge islamica (Shari’a) prevede, in caso di matrimonio, che lo sposo versi alla donna un donativo nuziale obbligatorio. In pratica prevede che l’uomo compri la donna per farla diventare sua sposa. È stato proprio il caso di un cittadino partenopeo, che per sposare una donna in Arabia Saudita, ha dovuto versarle come dono 2000 dollari. Il Ministero degli Esteri aveva ritenuto nullo il matrimonio, ma un giudice di Napoli ha emesso sentenza contraria: il matrimonio è valido a tutti gli effetti.
Come riportato dal quotidiano Corriere del Mezzogiorno, nel 2013 Yusuf sposa Osman in Arabia Saudita secondo i riti della Shari’a islamica. L’uomo si trasferisce a Napoli poco dopo e chiede il ricongiungimento con la coniuge, come previsto dal Testo unico sull’immigrazione. La richiesta gli viene però negata in quanto non esiste una documentazione dettagliata che attesti il reale matrimonio tra lui e Osman. Yusuf non si dà per vinto, si rivolge ad alcuni avvocati e prepara l’istanza per il giudice civile. La Farnesina aveva tentato a tutti i costi di invalidare il matrimonio sostenendo che probabilmente questo non c’era nemmeno mai stato e che mancava la documentazione ufficiale che attestava l’unione matrimoniale tra l’uomo e la donna. Il giudice monocratico Marina Tafuri, della I sezione bis del Tribunale di Napoli, però, ha accolto il ricorso di Yusuf.
Moglie comprata in Arabia: giudice di Napoli contro Ministero degli Esteri
Il giudice ha dichiarato che in assenza di elementi sicuri che certifichino che il matrimonio non sia avvenuto, lo stesso deve essere considerato valido. Dunque fino a quando il matrimonio non verrà certificato come “non avvenuto”, è da ritenersi valido a tutti gli effetti. L’avvocato di Yusuf ha inoltre fatto richiesta di risarcimento per una somma di 20mila euro. Come si legge sempre sul Corriere del Mezzogiorno la motivazione sarebbe questa: “per i danni non patrimoniali subiti dalla coppia e corrispondenti alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti e consolidatisi in due anni di separazione forzata”.