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Modi di dire napoletani: 'o cippo a Furcella

Non ci sono più dubbi sul fatto che ‘o napulitano più che un dialetto, è una vera e propria lingua. A dimostrazione di ciò ci sono le peculiarità grammaticali e sintattiche del suo ricco vocabolario, il quale si differenzia marcatamente da quello della lingua italiana. Il napoletano raggruppa molteplici radici linguistiche, dal greco al latino, dal francese allo spagnolo: sì vir’ e sfumatur’ rò dialett’ capisc’ stà terr’ cù quanta gent’ ammor’ a fatt’, canta giustamente La Famiglia nella canzone Odissea.
Quindi, come ogni lingua, pur  ‘o napulitano possiede delle locuzioni, non traducibili alla lettera, che possono essere definite “napoletanismi“, ovvero dei modi di dire che solo un napoletano pò capì ambress ambress.

‘O cippo a Furcella è uno dei modi di dire napoletani più famosi e fa parte della categoria dei napoletanismi che parlan rò tiempo. Chissà quante volte l’abbiamo sentito riferito ad un oggetto o una situazione dall’origine particolarmente remota, la cui antichità dovrebbe darci un’idea del tempo trascorso. Ma da dove trae origine precisamente questo modo di dire?
Sono due le spiegazioni più gettonate: secondo una, ‘o cippo a Furcella fa riferimento al gruppo di pietre che facevano parte dell’antica cinta muraria della greca Neapolis, situate in piazza Calenda e chiamate erroneamente dai napoletani “cippo“. L’altra fa riferimento ad un ceppo situato in piazza della Sellaria (attualmente piazza Nicola Amore, ‘e quatt pallaz per intenderci) che durante i moti di Masaniello del 1647 veniva usato per la decapitazione dei rivoltosi.

S’arricorda ‘o cippo ‘a Furcella non è l’unico modo di dire che riconduce ciò di cui si parla a fatti remoti legati alla città di Napoli. Forse saranno meno conosciuti, soprattutto ai più giovani, ma ci sono anche altre espressioni che meritano di essere menzionate:

  • ‘O mare a Muntecalvario si riferisce ai tempi in cui il mare lambiva la zona dove ora sorge il palazzo che una volta ospitava la “Rinascente“.
  • ‘E ppedamente ‘e Somma, fa riferimento al tempo in cui si formò il basamento lavico dove sorge il monte Somma, chillatu piezz rò Vesuvio.
  • ‘ O catafarc, ò Pennino, cita l’altare che una volta veniva eretto per accogliere il Corpus Domini nel quartiere Pendino.
  • ‘O pèr’ ‘e làttero a Furìa, che ricorda quando in una delle aiuole di piazza Cavour fu piantata una palma.