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The show must go on. La Cultura non deve fermarsi

Il primo pensiero va alle vittime. Ma andrà a finire così: tutti colpevoli, nessun colpevole.
Il secondo pensiero va alle altre vittime anonime (e trovo disturbante il termine perchè nessuna vita è anonima) morti sul lavoro, donne stritolate da marchingegni infernali, femminicidi…Eppure nessuno si ferma, neanche un minuto di silenzio. La decisione di sospendere la Prima del San Carlo, la Prima dopo due anni di lockdown, mai Prima fu così attesa, non ha precedenti. Dove tutti, maestranze, artisti, visto l’imponenza dell’Opera di quasi cinque ore e della maestosa mise en scene, hanno lavorato duramente per mesi. La Prima al San Carlo è un fatto culturale innanzitutto e le famiglie delle vittime avrebbero beneficiato di più se si devolveva a loro metà dell’incasso. E Prima Fu martedi, 29 novembre, senza clamore, senza autorità dopo l’emergenza gestita alacremente dal multitasking Direttore Generale Emmanuela Spedaliere (come avrà fatto!). Prima, senza frou frou mondano, cast di cantanti eccellenti, altrettanto grandiosa. Nel foyer ho incrociato il regista Klaus Guth. La sua mise en scen è stata monumentale.
Il terzo pensiero a va Villa Piromallo, luogo storico della mia infanzia. Era la casa di nonna Manina. Rosso pompeiano, adagiata ai piedi del monte Epomeo, un gioiellino settecentesco, fra bouquet di boungaenville e filari di vigne che danno un vino rosso profumato, scuro come inchiostro, per me sono come le petits madeleines di Proust. Basta un sorso per la mia recherche du temp perdu. L’alluvione ha preso altra direzione e l’ ha scansata. Mio cugino Fabrizio Cataldi, primario dell’Ospedale Cardarelli, se ne occupa in totale rispetto del panorama eno/culturale dell’isola.
Adesso due riflessioni: mio padre costruttore ( scomparso 32 anni fa) aveva costruito graziose villette a Pansa d’Ischia su progetto dell’architetto Alfonso Gambardella, poi, docente alla Federico II di Storia dell’Architettura. Avevano le pareti tondeggianti che gli davano un aspetto avveniristico per l’epoca. Se avessero seguito la logica dello scempio urbano di quegli anni, dove si impastava sabbia ( tanta ) con cemento (poco) armato, altro che 8 villette oggi saremmo tutti milionari. Invece in quella Ischia, imbastardita dalla mentalità del profitto ad ogni costo, non misero più mattoncini.
Villa Piromallo Capece Piscicelli di Montebello ( questo il nome per intero) è rimasta in piedi, solida sulle sue fondamenta. Anche alluvioni e terremoti del passato non troppo remoto non l’hanno scalfita. Grazie al cielo, non è l’unica. Possibile che tre secoli fa si costruiva con più criterio di oggi?
E quelle casette che invece regalavano a tanti un sogno di villeggiatura spazzate via come birilli da “colpi” maldestri e scriteriati. Come ricorda l’ingegnere Francesco Tuccillo, già presidente dell’Unione Costruttori:”È un mestiere nobile e antico”. Se lo sanno fare. Si aggiunge al coro la voce opinionata dello scrittore Giovanni Tommaso Rovati: “ Il fatto che costruissero con più criterio é certo. I palazzi storici non crollano. Prima attribuivano i fenomeni franosi al disboscamento ma a Ischia è venuto giù anche il bosco…Al Nord si chiama calamità naturale. Al sud è abusivismo”.
E’ proprio così, più il progresso avanza, più si aguzza l’ingegno per fare peggio… finché la natura, come la chiamava Leopardi, non si riprende il suo…
Adesso, pietà, la tragedia di Ischia non chiamatela fatalità. Era già tristemente annunciata.