Voce di Napoli | Navigazione

Processo Vannini, l’arringa del difensore dei Ciontoli: “Non volevamo che Marco morisse”

Giornata importante quella di questo mercoledì 23 settembre per il processo d’appello bis per l’omicidio di Marco Vannini. E’ il momento delle arringhe delle due parti in vista della sentenza che dovrebbe essere pronunciata il prossimo 30 settembre.

La difesa della famiglia Ciontoli

Antonio Ciontoli non voleva che Marco Vannini, fidanzato della figlia, morisse e “se si fosse confrontato con l’evento morte non avrebbe agito cosi’ come poi ha fatto. Trovarsi in una situazione di rischio e cercare di gestirla non significa accettare l’evento morte”. E’ quanto affermato dall’avvocato Andrea Miroli, nel corso della suo intervento al processo.

Il difensore ha chiesto quindi alla Corte di ripristinare la prima condanna a 5 anni per omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente. Per l’intera famiglia Ciontoli il procuratore generale aveva chiesto nell’udienza precedente una condanna a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale. ”

“Una sentenza, quella del primo giudizio di appello, che ha provocato una sollevazione popolare, una cosa indegna in uno Stato di diritto. Eppure il mio assistito non puo’ essere condannato per omicidio volontario con il dolo eventuale. Lui e neppure i suoi familiari. Adottare un comportamento sia pure biasimevole in una situazione di rischio, evidentemente mal governata, non significa che l’imputato ha voluto la morte di Marco. Ciontoli, cosi’ come i suoi familiari, era convinto che la lesione al braccio di Vannini provocata dal colpo d’arma da fuoco non fosse letale. Non c’e’ evidenza in questo processo che i Ciontoli fossero consapevoli della gravita’ della lesione riportata da Marco. E se non c’e’ consapevolezza significa che nessuno ha aderito all’evento morte”.