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Il detenuto Ciro Oliva muore in carcere, la denuncia: “Non poteva nemmeno parlare”

Sarà un’inchiesta a chiarire se ci sono state negligenze da parte della direzione del carcere nella morte di Ciro Oliva, il 40enne detenuto scomparso nelle scorse ore nel penitenziario di Secondigliano.

Oliva era originario di Caivano e si trovava in carcere da diversi mesi dopo l’arresto per spaccio. Aveva problemi cardiaci e sarebbe stato stroncato da un malore. La sua famiglia ha però chiesto che si faccia luce sul suo decesso perché sostiene che non sia stato curato e assistito in modo adeguato.

La morte di Oliva riapre le polemiche sulle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane e in particolare quelle napoletane. Sull’argomento è Pietro Ioia, attivista e presidente dell’associazione degli ex detenuti. “Il detenuto Ciro Oliva è morto, cardiopatico se ne andato in punta di piedi, in silenzio, si perché nel carcere di Secondigliano i detenuti ammalati non possono alzare la voce altrimenti vengono minacciati di essere trasferiti, basti pensare che i familiari per il colloquio si ammassano già dalle cinque del mattino, un carcere bello da fuori, barbaro di dentro”.

“Mio marito – scrive su Facebook la moglie Pina Esposito – oltre ad essere stato sotto il silenzio carcerario , non si è potuto scegliere un chirurgo di cui fidarsi perché loro non possono decidere niente. Da 10 anni in carcere, da un anno hanno riscontrato la sua cardiopatia e nessuno sconto per lui lui, è morto nell’indifferenza delle istruzioni e con l’incompetenza sanitaria. Voglio giustizia non si può morire a 40 anni. Nelle carceri bisogna avere umanità, sono esseri umani e vanno trattati come tali