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Napoletani scomparsi in Messico: nelle mani del cartello di Jalisco come l’Isis

Sono passati 50 giorni dalla scomparsa dei tre napoletani in Messico, avvenuta il 31 gennaio nella città di Tecalitlan. Raffaele Russo, il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino sarebbero finiti nelle mani del cartello di Jalisco, narcotrafficanti spietati e molto temuti guidati dal boss “El Mencho. Le richieste della famiglia sono incessanti, tutti vogliono sapere che fine hanno fatto i tre scomparsi e addirittura le donne hanno deciso di andare in Messico per scoprire da sole cosa è successo e riportare a casa i parenti, vivi o morti, perché si sentono abbandonate dalle autorità italiane e ostacolate da quelle messicane.

IL GIALLO DEL CODICE NUMERICO: IDENTIFICATO IL SIGNIFICATO 

Qualora i tre fossero realmente finiti nelle mani del temuto cartello, venduti per 50 euro dalla polizia locale di Tecalitlan, le notizie non sarebbero certamente delle migliori. Dalle informazioni trapelate infatti è noto che il temuto Cartello abbia delle caratteristiche simili all’Isis. La violenza e la spettacolarizzazione social delle numerose esecuzioni sono paragonate a quelle dell’organizzazione terroristica islamica. In Messico ci sono morti e sparizioni che non fanno rumore, nessuno ne parla perchè le autorità sono corrotte e sono a libro paga delle organizzazioni criminali. In questi ultimi 50 giorni sono state trovate diverse fosse comuni contenenti cadaveri nella regione di Jalisco e anche per questo motivo è stato prelevato il dna dei parenti dei “desaparecidos”.

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Intervistato dalla trasmissione Chi l’ha visto, che si è occupata della vicenda fin dall’inizio, Francesco Russo (figlio di Raffaele, fratello di Vincenzo e cugino di Antonio) ha dichiarato: “La cosa che mi fa più paura è che mio padre, o mio fratello, o mio cugino, abbia potuto vedere la fine che sta facendo l’altro mio familiare“. La fidanzata di Vincenzo invece, dopo aver mostrato gli ultimi messaggi inviati al 25enne, ha detto: “Lui non sarebbe mai andato se ci fosse stato qualcosa di negativo, aveva paura della sua ombra. Ci sentivamo sempre, voleva lavorare un poco e poi tornare da me, non la voleva fare questa vita“.

Nel frattempo l’avvocato delle famiglie dei tre napoletani, Claudio Faletti, ha dichiarato all’Ansa“Le sparizioni laddove forzate, sistematiche e generalizzate possono essere anche assimilate a un crimine contro l’umanità. Ho chiesto ed ottenuto l’interessamento della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), di cui il Messico fa parte d è temporaneamente presidente”.