Prima l’assoluzione in Appello dopo la condanna all’ergastolo per l’omicidio di Ciro Nuvoletta avvenuto oltre 30 anni fa, il 10 giugno del 1984. Poi le polemiche sulla fiction e il tentativo di suicidio, più che altro mediatico, durante un’udienza, oltre alla richiesta, nei giorni successivi, di ottenere un avvocato d’ufficio perché “sono rimasto al verde”.
Infine, l’affondo. Il colpo basso al suo ex alleato. Michele Zagaria, 60 anni il prossimo 21 maggio, attacca senza fronzoli il suo ex socio criminale Antonio Iovine. Entrambi arrestati tra il 2010 e il 2011, i due superboss dei Casalesi sono in carcere da anni ma in situazioni assai diverse.
Capastorta è in regime di carcere duro a Opera (Milano). ‘O ninno invece nel 2014 ha deciso di intraprendere la strada della collaborazione con la giustizia e ha iniziato a rivelare ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli affari, omicidi, connivenze e tanto altro sul potere accumulato negli anni dai Casalesi.

Una collaborazione, tuttavia, che non è decollata del tutto perché alcune rivelazioni di Iovine non sono state giudicate attendibili dai giudici che lo scorso ottobre 2017 hanno assolto in Appello proprio Zagaria dalla richiesta di ergastolo per l’assalto a Poggio Vallesana del 1984 e l’omicidio di Ciro Nuvoletta, fratello di Angelo e Lorenzo, i due super boss legati a Cosa nostra.
Dopo mesi di polemiche, arriva un nuovo attacco di Zagaria al suo ex socio criminale. “É un falso pentito…dice solo quello che gli fa comodo”. A renderlo noto è il quotidiano Il Mattino.
“Capastorta parla con la polizia penitenziaria del carcere la quale, grazie a un ispettore, raccoglie quattro pagine di “dichiarazioni spontanee” dove l’ex boss mette in chiaro le differenze tra chi, come lui, non ha intrapreso la collaborazione con la giustizia e chi invece, come Iovine, lo ha fatto “ma non maniera coerente” perché “non si è mai accusato di 5 omicidi e non ha restituito i frutti dell’attività malavitosa. “…Non ammette di avere intascato una tangente da un miliardo e 300 milioni di lire, – dice l’ex boss – che poi reinvestì in un polo calzaturiero…”.
