Alla moglie ripeteva: "Dovrebbero nascerne mille al giorno come me"
E’ morto alle 3.37 di venerdì 17 novembre Totò Riina, il capo dei capi di Cosa nostra. Il boss, che ieri aveva compiuto 87 anni, era in coma da cinque giorni dopo un doppio intervento chirurgico subito nell’ospedale detenuti del carcere di Parma.
Arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza, il padrino stava scontando 26 condanne all’ergastolo per decine di omicidi e stragi. Riina, per gli inquirenti, nonostante la detenzione al 41 bis da 24 anni, era ancora il capo di Cosa nostra. “Ne dovrebbero nascere mille l’anno come Totò Riina“, ripeteva in carcere tre anni fa al suo compagno dell’ora d’aria, il boss pugliese Alberto Lorusso. E poi si vantava della morte di Giovanni Falcone “Gli ho fatto fare la fine del tonno”. Per il pm Di Matteo invece invocava una fine simile: “Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono”.
Ieri, quando ormai era chiaro che le sue condizioni erano disperate – avevano annunciato che difficilmente il boss avrebbe superato il doppio intervento – il ministro della Giustizia ha concesso ai familiari un incontro straordinario col boss. A febbraio scorso, parlando con la moglie in carcere diceva: “Sono sempre Totò Riina, farei anche 3.000 anni di carcere”. Ieri, nel giorno del suo 87esimo compleanno, il figlio Giuseppe Salvatore, che ha scontato una pena di 8 anni per mafia, ha pubblicato un post di auguri su FB per il padre.
LA BATTAGLIA PERSA DAI LEGALI – Più volte i legali di Riina hanno presentato nei mesi scorsi la richiesta di scarcerazione al Tribunale di Sorveglianza a causa delle gravi condizioni di salute del boss. Richieste sempre rigettate dai giudici che non hanno mai ritenuto l’uomo infermo, essendo le sue patologie monitorate anche in carcere e non essendoci necessità di ricovero ospedaliero.

Nei mesi scorsi la Cassazione, dissentendo con l’ordinanza del Tribunale, ha affermato il diritto di morire dignitosamente per il detenuto “soggetto ultraottantenne affetto da duplice neoplasia renale, con una situazione neurologica altamente compromessa, in ragione di una grave cardiopatia ad eventi cardiovascolari infausti e non prevedibili”. Pur riconoscendo l’altissima pericolosità e lo spessore criminale di Riina, il Tribunale non ha chiarito come “possa e debba considerarsi attuale in considerazione della sopravvenuta precarietà delle condizioni di salute”.
Secondo i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Bologna Riina ha si’ molte malattie, alcune legate all’età, ma è assistito quotidianamente con “estrema attenzione e rispetto della sua volontà, al pari di qualsiasi altra persona che versi in analoghe condizioni fisiche”, hanno scritto i magistrati. Condizioni che, per il collegio, non riducono il pericolo: Riina è “vigile” e “lucido” e non è cambiato.
