La fidanzata dell’ingegnere di 31 anni che lo scorso 29 marzo è stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco nel tentativo di difendere il suo scooter in una pompa di benzina a San Giovanni a Teduccio ha scritto un lungo post che è diventato in poco tempo virale.
Il ragazzo ha rischiato la vita nella tentata rapina, oggi è fuori pericolo, ma la fidanzata ha voluto raccontare la sofferenza provata: “Qualche ora prima stavo preparando la cena dopo una giornata di lavoro, a metà di una settimana lavorativa che ci aveva visti impegnati nel nostro lavoro e che amiamo, come tutte le persone oneste, come tutte le coppie che, passo dopo passo, costruiscono la loro vita insieme. Ero inconsapevole. E all’improvviso, tutto il nostro mondo, quello che fino a quel momento stavamo mettendo sú, tutto colorato di noi e della nostra gioia, del nostro amore puro e forte, dei nostri sogni e dei nostri progetti, si è colorato di nero. Tutta la mia esistenza si è colorata di nero. Stavano distruggendo il nostro mondo.
C’erano pezzi di me e del mio cuore ovunque sul pavimento freddo ma non poteva andare così. Mi hanno insegnato che l’universo risponde e che ciò che immetti nel tuo cerchio, ti torna indietro. Quindi mi sono nutrita di tenerezza, di tutte le carezze ricevute, di tutte le cose che dobbiamo fare e di tutti i progetti da portare a termine e di quelli da ideare una volta finiti quelli già impostati. A chi va il merito? A chi aveva deciso di scendere di casa con una pistola carica e di andarsi a prendere con la prepotenza e con una spietata efferatezza qualcosa che non gli apparteneva“.
La ragazza ha spiegato quanto fosse importante quello scooter per il suo compagno: “Sparare due colpi per un motorino, comprato per raggiungere più velocemente il centro, dopo otto mesi che combattevamo per salvare la vita del papà di Fabio e, che dopo una lunga battaglia, si è spento giusto due settimane fa. Dolore dentro dolore. E così, avrebbero distrutto il nostro mondo.
Ma che ne sanno? che ne sanno di una vita fatta di sogni e sacrifici per raggiungerli? che ne sanno della speranza, della preghiera, della disperazione, di tutte quelle ore fuori una sala operatoria passate a supplicare affinché lui tornasse da me? si risolverà tutto perché è così che è giusto. mi sono ripetuta per ore. Anche se le lacrime scendevano e mi faceva male l’anima. Io sono la custode del suo sonno. Io aspetto che dorma per rimboccargli le coperte, perché prima di dormire decidiamo dove incontrarci nel sonno. Andiamo a mangiare un gelato, andiamo in qualche parte del mondo, ovunque insieme. E in quel momento dormiva il sonno di chi doveva essere salvato, quando invece dovevamo essere a casa a riposare per affrontare la parte finale della settimana di lavoro“.