Giovanni Brusca è libero. Dopo 25 anni di carcere l’ex boss torna a casa. L’uomo, tra i tanti omicidi, si macchiò di un crimine efferato quando, con il fratello Enzo, per conto del padrino di un tempo, Totò Riina, sciolse nell’acido un bambino di 13 anni. Era Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino Di Matteo, il pentito vittima dell’atroce vendetta.
In un’intervista inedita per il Corriere della Sera, parla da una località segreta l’ex mafioso di Altofonte. Giuseppe fu sequestrato per quasi due anni, trasferito da casolare in casolare, con una catena al collo fino a quando Brusca non diede l’ordine di fare sparire ogni traccia del piccolo. “Non trovo le parole per spiegare la mia amarezza. A chi devo dirlo? È passato meno di un anno da quando avevano liberato un carceriere di mio figlio, a Ganci, il paesino delle Madonie, uno dei posti del calvario. Ma la verità è che tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi. Tutti a casa. E ora va a casa pure il capo che organizzò e decise tutto. Lo stesso boia di Capaci. Si può dire boia? Lo posso dire io?”. Parla Santino e racconta tutto indignato.
“La legge non può essere uguale per questa gente. Brusca non merita niente. Oltre mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo avere torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro. Questa gente non fa parte dell’umanità”.
Giuseppe Di Matteo sciolto nell’acido da Giovanni Brusca
Santino ricorda poi l’efferato crimine: “Si dimentica che ‘u verru, cioè il maiale, come chiamavano Brusca, conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la play station. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? Io non posso piangere nemmeno su una tomba e lui lo immagino pronto a farsi una passeggiata. Magari ad Altofonte. O in un caffè davanti al Teatro Massimo di Palermo. Mi auguro di non incontrarlo mai, come chiedo al Signore. Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere”.