E’ la terza volta che la Cassazione dà ragione ai legali di Massimo Bossetti. L’uomo è in carcere con l’accusa di aver ucciso Yard Gambirasio, ma i giudici si sono espressi a favore degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini. Si terrà dunque una nuova udienza per stabilire se i reperti utilizzati per tracciare il DNA di Ignoto 1 siano stati adeguatamente conservati.
A Fanpage.it, l’avvocato Salvagni ha dichiarato: “Se questi reperti fossero stati mal conservati sarebbe un problema e si scatenerebbe un terremoto, terremoto che potrebbe esserci anche qualora noi riuscissimo ad analizzare queste prove perché siamo certi che l’esame del Dna restituirebbe una risposta diversa da quella data in passato finché non ci viene detto ufficialmente che i reperti sono conservati in maniera corretta, è normale nutrire dei dubbi”. Per gli avvocati di Bossetti si tratta di prove fondamentali, perché da quelle prove che la procura ha definito “scartini” e che provengono dai leggins e dagli slip di Yara “sono stati ricavati dei marcatori utilizzati per l’identificazione del Dna di Ignoto 1”.
Esame reperti fondamentale per l’innocenza di Massimo Bossetti
L’esame dei reperti è fondamentale per chiedere la revisione della sentenza che ha condannato il muratore di Mapello all’ergastolo: “In caso di risposta positiva da parte dei magistrati – continua Salvagni – effettueremo gli esami veri e propri in contraddittorio con i consulenti dell’accusa e della difesa per verificare i risultati di questi esami sul Dna, se il risultato del Dna dovesse confermare la nostra tesi, ossia che quel risultato ottenuto al tempo è sbagliato, allora la revisione diventa una conseguenza immediata e diretta”. “Bossetti è consapevole che l’unico modo per dimostrare la propria innocenza è l’esame sui reperti e quindi l’esame del Dna, e si tratta di un esame che non è mai stato concesso. Secondo la Cassazione noi abbiamo diritto a fare questi esami, quindi un eventuale diniego sarebbe imbarazzante, anche se possibile: se dovesse arrivare andremo per la quarta volta in Cassazione”.