Voce di Napoli | Navigazione

Intervista all’avvocato Hilarry Sedu: “Napoli non è una città razzista, anzi”

Il primo consigliere nero dell’ordine degli avvocati di Napoli ci spiega la differenza tra "fare" l'avvocato ed "esserlo"

Sembra essersi definitivamente conclusa la vicenda rimbalzata su tutte le cronache nazionali, iniziata mercoledì mattina, che vede come protagonista l’avvocato Hilarry Sedu, primo consigliere nero dell’ordine degli avvocati di Napoli.

Il legale italiano, di origini nigeriane, aveva denunciato sui social degli atteggiamenti inadeguati e filorazzisti da parte di un giudice onorario del tribunale per i minorenni di Napoli.

Il got aveva richiesto di vedere il tesserino da avvocato di Sedu e successivamente se questi si fosse veramente laureato, rivolgendosi peraltro allo stesso, utilizzando la seconda persona singolare.

Il tutto accadeva mentre l’avvocato era intento seguire una procedura per il rilascio del permesso di soggiorno ad una donna immigrata e alla sua bambina.

All’indomani dell’accaduto, è avvenuto un incontro tra Sedu ed il giudice onorario, alla presenza della presidente del tribunale per i minorenni, Patrizia Esposito, e del presidente dell’ordine degli avvocati, Antonio Tafuri.

Noi di VocediNapoli.it abbiamo intervistato Hilarry Sedu sulla vicenda e abbiamo approfondito alcuni temi concernenti l’inclusione sociale e la condizione degli immigrati in Campania.

Signor Sedu sino a ieri mattina aveva dichiarato di voler prendere provvedimenti affinché tali comportamenti non si ripetessero, esponendo un richiamo ufficiale all’Ordine forense.  A quanto pare la situazione sembra essere cambiata nelle ultime ore, come si è risolta?

“Si, è cambiata. Si è risolta con delle scuse da parte del giudice onorario e c’è stato un incontro con il presidente del tribunale dei minorenni ed il presidente dell’ordine degli avvocati di Napoli. La persona ha riconosciuto di aver adottato degli atteggiamenti poco consoni alla situazione ed abbiamo convenuto di far in modo che determinati modi di agire, volontari o involontari, non accadano mai più”.

Lei è stato molto diplomatico e professionale nel gestire la situazione al momento, mettendo in primo piano gli interessi dei suoi assistiti piuttosto che far prevalere una legittima volontà di tutelare la propria persona. Se si fosse trovato in un contesto differente, esterno al tribunale, lei come avrebbe risposto ad un tale atteggiamento?

Credo che per mia impulsività avrei risposto in malo modo, cercando di replicare l’offesa ed in tutta onestà non so se sarebbe venuto fuori un atto altrettanto elegante perché alcune cose possono davvero far male. La violenza non è soltanto fisica ma anche verbale o in un atteggiamento giudicante o sminuente“.

Sedu lei da anni si batte per difendere i diritti degli immigrati, proviene tra l’altro da una zona come quella di Castelvolturno che ben conosce la necessità di affrontare temi come quello dell’inclusione sociale. Crede che negli ultimi anni ci siano stati dei progressi in tal senso in Campania o meno?

“Dunque c’è da dire che la Campania, e specialmente Napoli, è di base un luogo molto accogliente. E’ innegabile che vi siano degli episodi di intolleranza, che siano di razzismo puro o manifesta insensibilità da parte dell’interlocutore nell’interagire con qualcuno di diversa etnia. In generale però non si può dire che Napoli sia una città razzista, anzi, è una città molto aperta, solare poiché il napoletano è culturalmente e storicamente dedito all’accoglienza“.

Concludendo, lei anni fa dichiarò che c’è una netta differenza tra “fare l’avvocato” ed “essere avvocato”. “Essere avvocato” è qualcosa che si avvicina molto ad una vera e propria vocazione. Oggi, dopo tutte le difficoltà che si è trovato ad affrontare nella sua carriera, sente ancora forte la sua “vocazione” o si è affievolita?

La vocazione fa parte di un codice genetico, del proprio Dna, è impossibile da cancellare. È come se provassi a lavare la mia pelle per diventare più bianco, non potrò mai diventarlo, rimarrò per sempre nero; questa per me è la vocazione. Quando c’è la passione e se si ha la forza di opporsi a qualsiasi riduzione o limitazione della libertà umana, a qualsiasi discriminazione, a prescindere dal fatto che tu abbia il titolo per esercitare la professione o meno, tu sei un avvocato“.

Ignorantia legis non excusat”- “La legge non ammette ignoranza” dicevano gli antichi romani eppure sembra assurdo che ancora oggi, nel 2021, ci troviamo ad affrontare atti di razzismo o poca tolleranza rispetto a genti di diversa etnia anche da quelle persone che la legge dovrebbero amministrarla.

Si parla spesso dei diritti degli italiani, ignorando talvolta chi siano gli italiani oggi. L’evolversi storico ha fatto in modo che, odiernamente, la popolazione italiana sia anche il frutto di una mescolanza etnica significativa, composta da figli di immigrati, nati e cresciuti in Italia e che sono italiani a tutti gli effetti, anche se qualcuno, a volte, finge di dimenticarsene.

Napoli, l'avvocato è nero, il giudice gli chiede di vedere il tesserino