In piena emergenza Covid-19 prosegue a Scampia, periferia di Napoli, il lavoro per la nascita del Polo di Scienze Infermieristiche dell’Università Federico II di Napoli. Si tratta di un plesso di 10.000 metri quadrati firmata dall’architetto Vittorio Gregotti.
Napoli, una facoltà universitaria tra le Vele di Scampia
L’edificio sta sorgendo a pochi metri dalle Vele ed accoglierà 4000 studenti. Come riportato da La Repubblica, la struttura, simile a una fortezza, si trova a pochi metri dalle Vele e accoglierà quattromila studenti nel quartiere a Nord di Napoli per cambiarne volto e destino, come accaduto in parte con l’Academy di San Giovanni a Teduccio.
Dopo 14 anni di stop e ritardi vinti anche grazie alle lotte di cittadini e associazioni, il rettore Matteo Lorice comunica che: “l’obiettivo è inaugurare l’ex facoltà di Medicina per l’anno accademico 2021-2022, sarà anche un segnale per il Paese che cerca di resistere alla pandemia”.
La storia delle Vele
Ripercorrendo la storia di questo luogo e tornando indietro nel tempo, scopriamo che la nascita del quartiere inizia a partire dal 1965 a seguito della Legge 162, secondo la quale i Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti erano tenuti a formare delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare PEEP. Il Comune di Napoli acquista i terreni e coinvolge nel piano di lavoro l’architetto Franz Di Salvo, che tra il 1962 e il 1975 progetta le cosiddette Vele.
Lo stile di riferimento delle costruzioni evoca quello dell’Unité d’Habitation de Marseille di Le Corbusier, i progetti di Kenzo Tange e il movimento metabolita giapponese, soprattutto nell’uso del cemento armato. I riferimenti formali più evidenti spaziano tra il complesso Marina Baie des Anges, fuori Nizza, e il villaggio olimpico di Montréal.
Gli edifici sono composti da due corpi di fabbrica paralleli tra loro, dei grossi blocchi uniti da ballatoi e rampe di scale; sono lunghi 100 metri e alti 45 con 14 piani l’uno. Ogni edificio converge verso l’alto con una curva parabolica, da qui il nome Vela. Ciascuna abitazione è di dimensioni piuttosto contenute e standardizzate, 50 metri quadrati all’interno, con terrazza esterna di 10 metri quadrati; le strutture portanti sono realizzate in cemento armato con elementi prefabbricati.
Le ragioni del fallimento
Purtroppo, il progetto originale non venne mai realizzato completamente. Furono alterate diverse parti, soprattutto quelle riguardanti gli spazi comuni e i servizi; varie le modifiche, sia per questioni economiche di contenimento dei costi che per inesperienza delle ditte appaltatrici. Già a lavori ultimati si evidenziarono i primi problemi che si sarebbero presto tradotti in un vero e proprio fallimento dell’intero progetto del quartiere.
Le Vele si trasformarono in un contenitore di umanità potenzialmente esplosivo e altamente critico. Dal punto di vista delle criticità architettoniche, emergono le modifiche strutturali con la diminuzione della distanza tra i blocchi da 12 a 8 metri e l’utilizzo del sistema dei ballatoi, che nell’ipotesi progettuale dovevano richiamare la vita quotidiana dei vicoli di Napoli, e quelle al sistema di percorrenza all’interno del complesso.
Pertanto, ancor oggi a fare da sfondo a queste vicende c’è l’architettura, che, nonostante il degrado delle strutture, ha mantenuto nel tempo la sua forza espressiva, data dalla scala monumentale degli edifici e dalla potenza materica del cemento.