L’ospedale napoletano merita un plauso generale per come è riuscito a fronteggiare l’ennesimo stato di emergenza. Un intervento salvavita viene posto al piccolo cuoricino malformato di un bimbo di appena 8 mesi, affetto da una grave malformazione cardiaca. Il piccolo ivoriano, dopo due giorni di viaggio insieme ai propri genitori ed altre 50 persone, ha attraversato il Mediterraneo su un barcone per approdare a Lampedusa, in cerca di aiuto. E’ notevole il coraggio della madre 18enne, che con le mani accarezza la vita di suo figlio. Il coraggio di lottare contro tutto e tutti. Un cuore di pietra che è riuscita resistere a qualsiasi tipo di intemperie, giungendo poi ad un lieto fine tra le mura dell’ospedale Monaldi. Una madre che ha guardato oltre il pericolo della morte, pensando esclusivamente alla vita del figlio, proprio come quelli che amano la vita e non sanno staccarsene.
Ecco le toccanti parole della madre riportate da Il Mattino: «Amo l’Italia, volevo venire perché è un paese che accoglie». Mentre parla in francese, con una certa soggezione, la madre del neonato riesce finalmente a sorridere e a raccontare il suo calvario. «Qui mio figlio poteva avere una speranza» spiega la 18enne scappata dalla Costa d’Avorio dove viveva con la famiglia. «Dopo la morte di mio padre e di mia sorella, mi aspettava un matrimonio combinato con il promesso sposo, per questo sono fuggita in Tunisia dove ho conosciuto mio marito» racconta la donna che da quell’amore ha avuto il suo primo e unico figlio. «In Tunisia hanno diagnosticato la grave malformazione cardiaca del piccolo che non potevamo curare» continua la giovane che viveva in una piccola stanza di un comprensorio con un solo bagno per tutti gli occupanti. «Eravamo disperati e abbiamo deciso di rischiare, viaggiando due notti su un barcone con altre 50 persone fino allo sbarco a Lampedusa» spiega emozionata la mamma ora che può tirare un sospiro di sollievo per I., che indicheremo con l’iniziale per proteggerne la privacy.
I soccorsi sono partiti da Lampedusa nel centro di prima accoglienza di Crotone e il ricovero del piccolo nell’ospedale cittadino con il successivo trasferimento al Monaldi dove l’equipe diretta da Guido Oppido, primario dell’unità Complessa di Cardiochirurgia Pediatrica, ha eseguito una delicata operazione durata 5 ore. «Il piccolo avrebbe potuto morire nel giro di pochi giorni o, nelle migliori ipotesi, qualche mese, perché affetto da tetralogia di Fallot, chiamata morbo blu per la cianosi causata da gravi difetti intraventricolari» spiega il medico che ha eseguito «un intervento correttivo e definitivo che garantirà al piccolo una vita normale».
L’ospedale Monaldi, in questa situazione di emergenza, ha adottato il piccolino come sua mascotte, a cui sono state donate tutine, giocattoli e ogni genere di conforto, confermando inventiva, altruismo e generosità della nostra comunità.
Un elogio al Monaldi che è riuscito a cavare il coraggio dal sole. Oggi più che mai, dietro la parola solidarietà s’intravede il legame associativo, bensì dell’appartenenza comune al genere umano. Una storia esemplare per coloro i quali hanno perso o stanno perdendo la speranza di vivere.