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Achille Lauro: “Grazie ai soldi del mio successo ho riscattato i gioielli di nonna Flavia”

Achille Lauro, l’uomo dai mille travestimenti, si racconta ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera. Ecco alcune battute:

Di lei è stato scritto tutto e il suo contrario: che è nato a Verona e che è nato a Roma, che ha avuto un’infanzia difficile e che viene da una famiglia alto borghese. Qual è la verità?

“Non mi è mai mancato nulla. Mio padre si chiama Nicola De Marinis, è stato professore universitario e avvocato, ha scritto quattro libri, per meriti insigni è diventato consigliere della Corte di Cassazione. Nonno Federico era prefetto di Perugia, l’altro nonno ha combattuto nella seconda guerra mondiale: si chiamava Archimede Lauro Zambon. Sono nato a Verona perché lì abitava la famiglia di mia mamma, Cristina, originaria di Rovigo, ma sono cresciuto a Roma”.

Sua mamma cosa faceva?

“Ha dedicato la vita agli altri. Casa nostra era sempre piena di ragazzi presi in affido. Sono sempre stato abituato a condividere”.

Qual è il suo primo ricordo?

“La musica. Papà che in macchina canta Una carezza in un pugno: “A mezzanotte sai che io ti penserò, ovunque tu sarai sei mia…”. Mia cugina Giulia, lei 15 anni io cinque, che ascolta Back for good dei Take That. E Anna Oxa con i pantaloni bassi e i capelli piastrati che a Sanremo canta Senza pietà. Per il festival la famiglia si riuniva davanti alla tv, come a Natale”.

Poi la famiglia si divise

“Ci fu una crisi. Però mamma per noi c’è sempre stata. Con mio fratello Federico, che ha cinque anni più di me, andai a vivere in una comune, a Val Melaina, Montesacro. Il collettivo si chiamava Quarto Blocco, c’erano altri venti ragazzi: chi scriveva, chi dipingeva, chi incideva musica a torso nudo… Così ho iniziato a scrivere, disegnare, incidere. Ora anche a dipingere”.

Com’è il suo percorso?

“Ho visto per tutta la vita i miei farsi il culo e non riuscire, mio padre spaccarsi la schiena senza avere quello che gli spettava, mia madre fare lavoretti saltuari umilianti. Da questo è nata la mia ambizione. Ho suonato davanti a tre persone. Ho pagato di tasca mia la sala del primo concerto, 300 euro per lo Zoobar di Roma. Per anni non ho dormito, per creare tutto questo. Proprio quando ero stanco, a un certo punto tutto si è messo a posto, sia la mia vita sia quella dei miei”.

È vero che ha ricomprato i gioielli di famiglia?

“Sì. I gioielli di nonna Flavia. Li ho riscattati dal monte dei pegni”.