Voce di Napoli | Navigazione

Omicidio Vannini, il procuratore generale Cassazione: “Fu omicidio volontario, serve un nuovo processo”

“Questa vicenda e’ gravissima, quasi disumana: viene contestato un reato di omicidio all’interno di mura domestiche. Marco Vannini era in casa della sua fidanzata, era il fidanzato di Martina Ciontoli e come tale doveva essere trattato”. Lo ha rilevato il sostituto pg Elisabetta Ceniccola nella sua requisitoria davanti alla prima sezione penale della Cassazione, chiedendo di celebrare un nuovo processo per tutti gli imputati – l’intera famiglia Ciontoli – annullando la sentenza d’appello che li aveva condannati per omicidio colposo. Per il pg vanno accolti i ricorsi della procura generale di Roma e dei familiari di Vannini (parti civili nel processo) secondo i quali si tratto’ di omicidio volontario.

Nel processo sulla morte di Marco Vannini era imputata l’intera famiglia Ciontoli, padre, madre e due figli. Il procedimento di appello, a Roma, si è chiuso nel gennaio del 2019 con la pena del principale imputato, Antonio Ciontoli, passata da 14 a 5 anni, e la condanna a tre anni, come in primo grado, per la moglie, il figlio e la figlia del militare che nel 2015 sparò, in circostanze mai del tutto chiarite, al 21enne di Cerveteri.

Il ragazzo morì, dissanguato, dopo una lunga agonia, portato in ospedale quasi due ore dopo lo sparo, perché Ciontoli nel timore di perdere il lavoro aveva cercato di nascondere quanto accaduto.I fatti risalgono al 18 maggio 2015: Marco Vannini venne colpito dal proiettile sparato da una pistola che Ciontoli, padre della fidanzata del giovane, gli stava (forse) mostrando. La vittima venne portata in ambulanza al punto di primo soccorso di Ladispoli, quando le sue condizioni erano disperate: il proiettile infatti, aveva provocato gravi ferite interne. Ai soccorritori, i Ciontoli avevano detto una serie di bugie: che il giovane era scivolato, poi che aveva avuto un attacco di panico dopo uno scherzo, e che si era ferito con un pettine.

Ciontoli, militare di carriera, ammise che il giovane era stato colpito, per errore, da un proiettile, solo davanti al medico di turno: la ferita che aveva sotto l’ascella destra, a prima vista, non lasciava pensare a un colpo di arma da fuoco, ma il giovane aveva perso oltre due litri di sangue. Il proiettile aveva ferito gravemente il cuore e i polmoni, ma se fosse stato trasportato subito in ospedale, secondo i periti del tribunale, con tutta probabilità si sarebbe salvato.