L'indagine ha evidenziato il 'sistema' che il clan Puca utilizzava per non avere problemi con le forze dell'ordine. Il ruolo dei militari coinvolti
“Nonostante le indagini abbiano evidenziato una vicenda triste e dolorosa, non ho alcun bisogno di riaffermare la massima fiducia nell’Arma dei carabinieri“. Con queste parole il Capo procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, ha commentato i fatti portati alla luce dall’ultima inchiesta che ha visto protagonisti – nel bene e nel male – il Comando provinciale dei Carabinieri di Napoli e quello di Castello di Cisterna.
IL CASO – Corruzione, favoreggiamento, concussione, omissione, abuso d’ufficio e violazione del segreto d’ufficio. Sono state queste le gravi accuse rivolte ai 10 indagati, di cui 8 sono carabinieri. I militari sarebbero stati colpevoli di aver avuto relazioni con il clan Puca di Sant’Antimo, agevolandone gli affari. Un’indagine complessa che ha visto i membri dell’Arma investigare sui propri colleghi.
Questi ultimi avrebbero dato le ‘soffiate’ giuste agli uomini di Pasquale Puca, alias ‘o Minorenne. Nessun problema ai posti di blocco, nessun controllo o riconoscimento, possibilità di evitare le operazioni denominate di ‘Alto impatto” ed eseguite dalle forze dell’ordine. Il tutto per consentire al sodalizio di gestire con tranquillità i propri traffici illeciti.
Nell’inchiesta è finito anche l’ex Presidente del Consiglio comunale di Sant’Antimo, Francesco Di Lorenzo. Quest’ultimo avrebbe permesso al clan di avere un accesso facilitato a specifiche gare d’appalto, soprattutto nel settore dell’edilizia. L’autorità giudiziaria, con l’ausilio degli investigatori, è riuscita a risalire ad importanti elementi probatori.
IL PENTITO – Favori specifici, pagamenti puntuali e mensili, infiltrazioni nei cantieri. Sono queste le caratteristiche che hanno portato Melillo a definire, “spregiudicato” il sistema costruito dal clan Puca e di cui farebbero parte gli indagati. Il tutto è emerso grazie alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Claudio Lamino. Le sue parole hanno consentito agli inquirenti di avviare le indagini nel 2017.
Per gli investigatori l’organizzazione a delinquere è stata costruita e sviluppata nel tempo. Un ‘golem‘ dell’illegalità che avrebbe almeno cinque anni e che ha visto finire ai domiciliari: i carabinieri (per corruzione) Raffaele Martucci, Angelo Pelliccia, Michele Mancuso, Vincenzo Palmesano e Corrado Puzzo.
Ai domiciliari anche Di Lorenzo e il capo clan Puca (già detenuto al regime del 41bis per altri reati). Sospesi i militari Carmine Dovere (per abuso d’ufficio), il Capitano Daniele Perrotta (omissione in atti di ufficio) e Vincenzo Di Marino (rivelazione di segreto d’ufficio). Il Gip ha escluso per gli indagati l’aggravante mafiosa, decisione contro la quale la Procura farà ricorso.
IL MARESCIALLO CHE DAVA FASTIDIO – Le dichiarazioni di Lamino, unite alle indagini portate avanti dai carabinieri e coordinate dalle Pm Giuseppina Loreto e Antonella Serio, hanno consentito di ricostruire la sfortunata vicenda del Maresciallo Giuseppe Membrino.
Quest’ultimo, in servizio proprio a Sant’Antimo, fu trasferito al Comando di Trentola Ducenta. Un’operazione fatta per proteggere la sua incolumità. Infatti, dalle affermazioni rese proprio da Membrino ai pubblici ministeri, è emerso che il militare è stato vittima di intimidazioni e minacce da parte degli affiliati al clan Puca. Una violenza culminata in due episodi chiave.
Il primo, Membrino fu ricattato: nella sua cassetta della posta fu rinvenuta una cassetta che mostrava il Maresciallo in compagnia di una donna. È emerso in seguito che il militare era stato costantemente seguito e fotografato. Il secondo, avvenuto circa 10 anni fa: una bomba carta fu fatta esplodere sotto l’automobile dell’Ufficiale. Fu questo il chiaro segnale che la figura e il ruolo di Membrino iniziava ad infastidire qualcuno.
A conclusione della conferenza, il Comandante dei Carabinieri del Comando provinciale di Napoli, Canio Giuseppe La Gala, ha ribadito che: “Quest’operazione è la dimostrazione di quanto i cittadini possano avere fiducia in tutti quei carabinieri che ogni giorno, facendo tanti sacrifici, onorano la divisa garantendo la sicurezza di tutti“.

