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Sanità penitenziaria, Ciambriello e Acampora: “Situazione difficile ma si muove qualcosa”

Il parere del Garante per i detenuti della regione Campania e del responsabile dell'Asl penitenziaria

Il provvedimento che avrebbe potuto rappresentare una svolta per la gestione della sanità penitenziaria c’è stato nel 2008.  Quell’anno fu varata una riforma che affidò le competenze in materia dal Ministero della Giustizia alle Asl territoriali. Con questa disposizione venne sancito un principio già reso legittimo dalla nostra Costituzione (articolo 32): a tutti i cittadini va garantito il diritto alla salute. Dunque, questo vale anche per i detenuti.

Abbiamo parlato di questo delicato argomento con il Garante per i diritti dei detenuti della regione Campania, Samuele Ciambriello. L’occasione c’è stata dopo il caso che VocediNapoli.it ha sollevato in merito alla vicenda del detenuto Antonio A., ora recluso a Caltanissetta e che da mesi è in attesa di una visita che dovrebbe accertare o meno l’esistenza di un linfonodo alla gola.

Per Ciambriello vi sono diversi aspetti che esprimono il drammatico contesto della sanità in carcere: criticità operative, carenza di risorse e personale e la non-informatizzazione delle cartelle cliniche dei detenuti. “Oggi un carcerato deve aspettare da 6 mesi ad un anno per fare una visita – ci ha detto Ciambriello – ma può capitare che quando arriva il grande giorno non siano disponibili gli agenti penitenziari che devono scortare il detenuto. Così la visita salta di nuovo“.

Ha affermato il Garante dei detenuti, “è assurdo che alle soglie del 2020 solo il carcere di Arienzo possegga un data base con i dati sanitari del detenuto. Per non parlare dei gravi disagi che devono sopportare i detenuti disabili. Per loro non esistono neanche strutture detentive adeguate“.

Il problema è relativo all’intero sistema-carcere. Un luogo caratterizzato dal sovraffollamento e dalla sofferenza. Un posto poco attrattivo: dico solo che c’è stato un bando – ha dichiarato Ciambrielloper assumere a tempo indeterminato alcuni psichiatri presso il penitenziario di Avellino. Non si è presentato nessuno“.

Per una popolazione carceraria composta da 7.800 detenuti – ha proseguito Ciambriellosono disponibili solo 36 posti negli ospedali. In Campania lo scenario è questo: a Benevento il San Pio non ha un reparto detentivo. A Caserta c’è solo a Sessa Aurunca. A Napoli c’è un padiglione allestito ad hoc al Cardarelli e uno spazio al Cotugno per le malattie infettive. Altre volte la disponibilità, per soli tre posti, è giunta dal San Paolo“.

Continua l’elenco fatto dal Garante in merito ai dati che dipingono questo scenario: “Il 25% dei detenuti sono tossicodipendenti e questo può aumentare il rischio del contagio di malattie infettive, pericolo già esistente a causa del sovraffollamento“. Secondo Ciambriello c’è un altro fenomeno degno di nota, quello dei detenuti esterni che sono ben, “7.660 di cui 3mila ai domiciliari. Di questi 300 sono tossici. Per quanto mi riguarda sarebbe il caso di rendere più facile per loro la possibilità di accedere alle cure. Consideriamo anche che nell’ultimo anno sono stati registrati 3 suicidi da parte dei detenuti malati che sono agli arresti domiciliari. Ad essere agevolati potrebbero essere anche quei detenuti condannati per pene minori e che stanno per finire di scontare la loro pena“.

Ma non tutto è da buttare, anzi sono stati già fatti molti passi avanti. “L’Asl, grazie al lavoro del Direttore generale Ciro Verdoliva ha avviato iniziative molto interessanti. Innanzitutto gli esponenti dell’azienda sanitaria hanno visitato le carceri rendendosi conto della tragica realtà nel quale vive l’intera comunità penitenziaria. Poi, a Poggioreale, sono stati garantiti 22 medici specialisti che a turno, come all’Asl, fanno visite mediche ai detenuti. Sono stati forniti defribillatori e tra un pò arriverà la macchina per la dialisi. Il passo successivo è quello di sviluppare una reta con l’esterno e di stabilizzare gli operatori socio-sanitari dentro le carceri“.

Proprio in merito al lavoro svolto dall’AslVocediNapoli.it ha contattato il Dottor Lorenzo Acampora responsabile della sanità penitenziaria regionale. Secondo lui il problema è di natura strutturale: “Le carceri sono spesso edifici fatiscenti dove è impossibile allestire reparti sanitari. Un esempio è proprio Poggioreale. E i finanziamenti per l’edilizia penitenziaria ci sono ma hanno validità triennale. Poi c’è il discorso delle tempistiche necessarie per poter fare le visite mediche, che spesso si allungano per due motivi: uno è relativo alla priorità che il sistema dà alle procedure giudiziarie rispetto a quelle sanitarie. Il secondo riguarda la volontà di molti detenuti di non farsi visitare affinché le proprie condizioni di salute peggiorino in modo da poter accedere a determinati benefici. Consideriamo che un recluso ha in media, all’anno, più prescrizioni mediche di un comune cittadino“.

Acampora ha confermato i grandi passi avanti fatti dall’azienda sanitaria: “Abbiamo fatto in modo di fornire macchinari e attrezzature. Abbiamo dato la disponibilità ai detenuti di poter fare tutte le possibili visite specialistiche: ben 22. Questo ci ha permesso, oltre di garantire il diritto alla salute per i detenuti, anche di diminuire i tempi di attesa per le visite“. Poi è arrivato il momento dei numeri.

Noi, come Asl Napoli 1, abbiamo la gestione del carcere di Secondigliano, di Poggioreale, di Nisida e di quello psichiatrico dei Colli Aminei che è un centro di prima accoglienza per i minori. Solo i primi due penitenziari hanno un centro clinico. Le principali patologie che sono riscontrate tra i detenuti, sono di natura metabolica a causa dello scarso movimento fisico da parte dei reclusi. Poi impazzano diabete e colesterolo, malattie causate da una pessima alimentazione. Infine sono molto frequenti le bronchiti figlie dei capponi di fumo che si creano quando in un piccolo spazio fumano molti carcerati“.

Sanità penitenziaria, Ciambriello e Acampora: "Situazione difficile ma si muove qualcosa"