E’ morto dopo un mese di agonia in ospedale Fortunato De Longis, detto “Francuccio“, il fioraio di Brusciano vittima di un agguato di matrice camorristica il 24 marzo scorso, all’esterno del cimitero del comune a nord di Napoli.
Aveva 44 anni ed era ricoverato all’ospedale Cardarelli dopo essere stato raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco, esplosi da uno dei due sicari entrati in azione in sella a una moto e con il volto coperto da casco integrale. Una vera e propria esecuzione sulla quale sono in corso le indagini dei carabinieri e della Direzione Distrettuale Antimafia. “Francuccio”, un anno fa, denunciò un tentativo di estorsione da parte di alcuni emissari riconducibili al clan Rega, attivo in una zona dove negli ultimi mesi la tensione è salita alle stelle, soprattutto nella zona del rione 219.
Stese, raid incendiari, minacce al sindaco Giuseppe Montanile e al parroco don Salvatore Purcaro, e azioni criminose in pieno giorno e davanti a residenti sempre più impauriti e abbandonati, chiusi in un silenzio omertoso.

LITIGIO POCHE ORE PRIMA – Investigatori chiamati anche a far luce su un episodio avvenuto alcune ore prima dell’agguato. Il fioraio infatti avrebbe avuto una discussione, all’esterno del cimitero, con alcuni familiari del boss Tommaso Rega al termine del funerale di un loro giovane congiunto, deceduto per cause naturali.
Ricoverato inizialmente all’ospedale di Nola, “Francuccio” è stato poi trasferito al Cardarelli dove è morto dopo un mese di agonia. I funerali sono stati celebrati giovedì 25 aprile da don Salvatore Purcaro.
L’APPELLO DEL PARROCO – La bara del fioraio è arrivata all’esterno della chiesa a bordo di una carrozza nera trainata da quattro cavalli. Su Facebook il parroco ha rivolto un appello ai cittadini di Brusciano. Dopo aver ricordato che “Francuccio è morto ammazzato troppo giovane”, ha provato a scuotere i fedeli del comune vesuviano:
“Non sono facili questi momenti per un pastore. É necessario guidare la comunità che ti é affidata a non cedere a tre tentazioni:
1) La paura che paralizza. I genitori hanno giustamente paura, ci si rinchiude nelle case, si vive nel terrore, le strade ad una certa ora si desertificano. Ma se le strade si svuotano, diventano piazze di spaccio, campo libero per i criminali. Quando i bambini crescono nella paura, non diventano mai adulti!
2) L’omertà che disimpegna. Tanti fanno finta di non vedere, chiudono le “tapparelle” quando si spara o si vede qualcuno sospetto. Non si chiamano i carabinieri; e cosa più preoccupante non ci si ribella. Abbiamo bisogno certamente di più forze di polizia agli angoli delle strade, ma abbiamo bisogno anche di avvertire la responsabilità per questo nostro territorio che ci appartiene, é nostro non della camorra!
3) Il “patriottismo” paesano. Quanti commenti e post sui social che tendono a ridimensionare l’emergenza criminalità precisando oscenamente che: “Brusciano non é brutta”; “I giornalisti esagerano”; “Si sta dando una brutta immagine del paese”. So bene che Brusciano non é fatta solo di camorristi, anzi gli onesti sono in soprannumero! Ma é giunto il momento di alzare la testa, di risorgere!
Il compito di un Parroco é quello di “consolare gli afflitti”, ma anche di affliggere i “consolati”, quelli cioè che si girano dall’altra parte, che pensano che il problema debbano risolverlo le istituzioni, la politica, la chiesa, la scuola. Coraggio! Nessuno é esentato! Nel cantiere di un mondo migliore si lavora insieme. Avviamo processi di liberazione!”.
“HA PAGATO PER LA SUA INGENUITA'” – Su Facebook sono tanti i messaggi di cordoglio per “Francuccio”. C’è anche chi sostiene che il fioraio sia stato ucciso a causa della “sua ingenuità”. Parole che fotografano forse appieno il ritratto della popolazione locale stilato dal parroco sul proprio profilo social.
IL RICORDO DEL NIPOTE – “Il tuo ricordo rimarrà sempre nei nostri cuori e nelle nostre menti, il tuo essere disponibile con tutti la tua solidarietà la tua ingenuità il tuo essere bambino perché quello eri un bambino in un corpo da grande e questa cosa ti faceva onore perché se poi ci pensi i bambini nn fanno del male nn pensano di fare cattiverie quella cattiveria che ti e stata fatta da queste persone chiamiamole persone perché nn so come definirle perché penso che nn esistono vocaboli per descriverli. Ritengo fortunati tutte le persone che ti hanno conosciuto e ti sono stati accanto e volevo tanto che questa fortuna l’aveva anche mio figlio perché saresti stato uno zio perfetto come lo eri per tutti noi perché quello sei e quello rimarrai”.