Voce di Napoli | Navigazione

Ergastolo annullato e poi confermato ma il killer è latitante

Una vicenda giudiziaria che risale agli inizi degli anni '90. La vittima fu uccisa durante il raid di una banda di rapinatori

Due colpi al petto che hanno spento i sogni e stroncato la vita di un giovane che faceva solo il suo lavoro, spesso anche da volontario. Era il 21 ottobre 1991. Lui si chiamava Daniele Lamperti, aveva 28 anni e guidava un tir che trasportava delle “nocciole superlative” dal valore di 70 milioni di lire.

Quel maledetto giorno, il 28enne, era alla guida del camion nelle zone del nolano. Ad un certo punto ecco l’assalto di una banda di rapinatori che aveva la benedizione del super boss dell’epoca: Carmine Alfieri. Quest’ultimo aveva sfidato e battuto Raffaele Cutolo nella sanguinaria faida tra la Nuova camorra organizzata (NCO) e la Nuova famiglia (NF).

Alfieri, come riportato da La Repubblica, aveva già ordinato alla banda di darsi una calmata. Avevano iniziato a fare troppo rumore con i loro colpi, attirando l’attenzione delle forze dell’ordine nelle zone controllate dal boss. Ma l’avvertimento non era servito a nulla. Così, nel tentativo di resistere all’assalto e difendere il carico, Lamperti fu colpito e ucciso da due colpi d’arma da fuoco che si conficcarono nel suo petto.

Da quel momento è iniziata un’odissea giudiziaria raccontata dal quotidiano e che ieri è arrivata ad un clamoroso epilogo. Elia Nunziata, arrestato e ritenuto il killer del giovane, era stato condannato nel 1996, dalla Corte d’Assise a Napoli, all’ergastolo grazie anche alle collaborazioni con la giustizia di alcuni pentiti. Poi è entrata in scena la giustizia lumaca.

Dopo ben 11 anni, nel febbraio 2017, la sentenza viene confermata in Appello per poi diventare definitiva con verdetto della Cassazione nel 2008. Quell’anno, Nunziata, è stato arrestato a Roma. Ed ecco scattare i ping-pong tra diverse ProcureCorti d’Italia a causa dei vuoti di memoria e delle incertezze di alcuni pentiti. Così gli avvocati di Nunziata hanno iniziato a mettere in pratica una nuova strategia di difesa che ha puntato sugli “incidenti probatori” dell’interno procedimento giudiziario.

Fino alla svolta del 2015. Dopo aver riascoltato alcuni collaboratori di giustizia e confrontato le loro versioni di cui molte discordanti, la Corte d’Appello di Roma ha riaperto il processo e nel 2016 ecco la clamorosa sentenza: Nunziata è stato prosciolto dalle accuse. A quel punto è scattata l’impugnazione da parte dell’autorità giudiziaria che ha dato inizio ad un nuovo iter processuale.

E arriviamo alla Corte di Appello di Roma, dove il sostituto Procuratore generale Antonio Sensale e il Pg di Roma Giovanni Salvi, dopo aver chiesto e ottenuto l’annullamento in Cassazione della sentenza che ha reso di nuovo libero Nunziata, sono riusciti a fargli infliggere di nuovo l’ergastolo. La svolta giudiziaria c’è stata la scorsa settimana. Immediata la richiesta dalla Procura generale ai carabinieri di arrestare Nunziata, ma quest’ultimo – oggi 60enne – non era in nessuno degli indirizzi sondati dai  militari. Nunziata è praticamente latitante.

Storia triste. La famiglia Lamperti già da anni aveva perso ogni fiducia nei processi. Era un bravo ragazzo, faceva il volontario sulle ambulanze“, queste le dichiarazioni – pubblicate da La Repubblica – dell’avvocato di parte civile, Giovanni Bianco. L’ennesimo caso di mala giustizia italiana.

Ergastolo annullato e poi confermato ma il killer è latitante
foto di repertorio. Nel riquadro Elia Nunziata