Dopo la conferma a 16 anni di reclusione da parte della Cassazione lo scorso 25 settembre, arrivano le motivazioni della sentenza che ha condannato Daniele De Santis, l’ultrà romanista responsabile dell’omicidio volontario di Ciro Esposito avvenuto a Roma poco prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina-Napoli il 3 maggio 2014.
Nonostante il tentativo dei legali di “Gastone“, i giudici scrivono che la legittima difesa è da escludersi. Secondo la Corte non è valida nessuna delle ricostruzioni, che prima attraverso la stampa e poi in tribunale, hanno cercato di presentare De Santis come la vittima di un’aggressione e non un assassino, come è ormai certificato dalle sentenze. L’ultrà romanista – si legge nelle motivazioni – “da un lato aveva provocato la situazione di pericolo” e “dall’altro aveva assunto una reazione non proporzionata all’offesa. Pur potendo puntare l’arma o sparare in aria, non l’aveva fatto e risulta avere esploso colpi ad altezza d’uomo (cinque in rapida successione) dei quali quattro andarono a segno”.
Il tifoso azzurro di Scampia morì a 30 anni il 25 giugno 2014 dopo oltre 50 giorni di agonia in seguito alle gravi lesioni riportate agli organi interni dopo l’agguato subito prima della finale di Coppa Italia. Nel processo d’Appello (secondo grado) la condanna a De Santis è stata ridotta da 26 a 16 anni, decisione motivata “dall’assoluzione dall’ulteriore reato di rissa contestato, nonché dall’esclusione dell’aggravante dei futili motivi e della recidiva”. Un’azione che i giudici, nelle motivazioni della sentenza, definirono “bravata“.
