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“I pentiti devono morire abbruciati”: presi i responsabili del falò della camorra, 2 sono minorenni

Identificati i cinque responsabili che lo scorso 8 dicembre, durante un falò nel rione Savorito a Castellammare di Stabia, bruciarono un manichino esponendo uno striscione dal messaggio (e un italiano) emblematico: “I pentiti devono morire abbruciati”.

Nelle prime ore della mattinata odierna, gli agenti del Commissariato locale congiuntamente ai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare del divieto di dimora all’interno della Regione Campania – emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia – nei confronti di Francesco Imparato, Antonio Artuso e Daniele Amendola, ritenuti responsabili dei reati di istigazione a delinquere con l’aggravante delle finalità mafiose.

L’attività investigativa veniva avviata nelle fasi immediatamente successive alla notte del 8 dicembre 2018 quando, in occasione dei festeggiamenti per la S.S. Maria Immacolata, all’interno del rione “Savorito” di Castellammare di Stabia, cinque persone issavano su di una pira di legno, ritualmente allestita per il “fucarazzo”, uno striscione con la scritta contro i pentiti, completato da un manichino di pezza con un cappello in uso alle forze dell’ordine. Il tutto veniva poi dato alle fiamme alla presenza di una moltitudine di persone.

 

Le indagini consentivano di identificare gli autori nei tre maggiorenni sottoposti a misura cautelare e in due minorenni per i quali sono tutt’ora in corso indagini coordinate dalla Procura della Repubblica dei Minorenni di Napoli. L’episodio avveniva nel quartiere della periferia stabiese noto come “Aranciata Faito”, zona abitata dalla famiglia Imparato, i “Paglialoni”, considerati dagli investigatori fiancheggiatori del clan D’Alessandro.

Il monito lanciato attraverso l’affissione dello striscione ha rappresentato un eloquente messaggio intimidatorio nei confronti dei collaboratori di giustizia oltre ad esprimere sostegno e solidarietà verso il clan D’Alessandro colpito pochi giorni prima da una misura cautelare eseguita dalla Polizia di Stato per aver commesso in quel territorio reati ricostruiti anche grazie alle propalazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia.