Non una normale partita ma l'esempio delle contraddizioni della città. Tante difficoltà ma anche splendide iniziative. Protagonista: il rugby
Faceva freddo ma il sole splendeva alto nel cielo azzurro e ha illuminato lo stadio militare Albricci di Napoli. In campo è andato in scena il derby ovale della città. A sfidarsi la Partenope (squadra di casa) e gli Amatori (questi ultimi uniti all’Afragola). Una partita di rugby tre ore e mezza prima che iniziasse quella di calcio. Una sfida strana in una città che fa fatica a concepire la parola “derby“. Eppure, in questa domenica pre – natalizia, qualcuno è stato presente sugli spalti. Certo si è sempre trattato di poche persone, tuttavia, l’emozione di assistere ad una gara molto sentita per chi segue il rugby napoletano, si è percepita tutta.
LA PARTITA – Entrambe le squadre hanno dimostrato di tenere moltissimo a questa partita. Per i ragazzi in campo non ha contato soltanto il risultato ma il dare tutto se stessi per il derby. Gli Amatori sono andati subito in vantaggio con un “bottino” di tre mete (di cui due trasformate) e un drop. La Partenope ha inseguito gli avversari: due calci piazzati e una meta trasformata. Un match che ha visto le due squadre sul 22 a 13 fino alla metà del secondo tempo. In quel momento è accaduto l’episodio che avrebbe potuto cambiare la partita: un placcaggio in ritardo e dato di spalla è costato il cartellino rosso ad un flanker (terza linea ala) degli Amatori, rimasti poi in 14. A quel punto, la Partenope ha alzato il ritmo ed ha messo sotto assedio gli avversari nei loro 22, spesso nei 5 metri a ridosso della linea di meta. Nel frattempo, per falli ripetuti, gli Amatori sono stati ridotti in 13 a causa di un cartellino giallo. Ma la Partenope non è stata in grado di sfruttare la doppia superiorità numerica e dopo essersi schiantata, con poca lucidità, sul muro difensivo degli avversari, è stata penalizzata essa stessa da un calcio di punizione. Un sollievo per gli Amatori che sono usciti dai loro 22 e hanno iniziato a riprendere aria. Un frangente decisivo della partita che ha cambiato gli umori e gli animi in campo. Ora, ad essere in apnea, era la Partenope. Quest’ultima è stata anche punita sul finale da una quarta meta degli Amatori che è valsa anche il punto di bonus. Finale: 27 a 13 per gli ospiti.
LA SFIDA DEL DERBY – L’importanza del derby ha una doppia valenza. La prima è più goliardica. Infatti, vi è una lunga rivalità sportiva tra la Partenope e gli Amatori. Le due società si sono sempre contese il “primato ovale” in città. Ma questa volta i ruoli sono stati invertiti. I fasti e la supremazia della società dei Cavalli di bronzo sono sembrati ricordi molto lontani. La freschezza e la novità dei Pirati di Bagnoli sono invece apparsi come un nuovo modello organizzativo e societario da imitare. In realtà la verità, come spesso succede, sta nel mezzo. Tra la Partenope e gli Amatori ci sono stati molti punti comuni che ne hanno caratterizzato la storia. Al di la del passaggio di giocatori da una squadra all’altra.
“È vero per anni è sempre stata la Partenope la squadra di rugby della città. Ma è solo un bene che ci siano anche gli Amatori. La rivalità è solo in campo, fuori c’è una grande condivisione di progetti. L’obiettivo? Continuare a far crescere il movimento partendo dal basso, non più investendo soltanto nelle categorie seniores. La strategia dei club è cambiata. Oggi si punta i giovani per diffondere il rugby“, ha affermato Leandro Turino, terza linea e capitano della Partenope.
Gli ha fatto eco Alessandro Quarto, anche lui terza linea ma capitano degli Amatori: “È vero le gerarchie sono cambiate ma per Napoli questo derby è una cosa bellissima. Anche perché in un contesto dove stanno sparendo molte realtà giovanili, il lavoro che noi e la Partenope facciamo con i ragazzi è davvero importante. Oltre a tutte le attività svolte sul territorio, un importante fattore che ci contraddistingue è avere una squadra per ogni categoria“.
E con queste parole eccoci alla seconda ragione per la quale questo match ha una grande importanza. Il futuro dell’intero movimento rugbistico napoletano. Perché entrambe le società stanno facendo cose davvero straordinarie sul territorio, nonostante le mille difficoltà quotidiane. Sempre con il supporto di genitori, amici e appassionati, i due club sono andati avanti e cresciuti senza un vero e proprio supporto di istituzioni e organi federali. Un paradosso per uno sport basato sul principio del “sostegno”.
LA PARTENOPE – Dopo anni, la Partenope (neo promossa in Serie B) sta giocando di nuovo allo stadio Albricci. Nel frattempo il “ping – pong” tra lo stadio Collana al Vomero (struttura che versa in condizioni pietose) e lo stadio Leone tra Pomigliano D’Arco e Acerra. Un impianto potenzialmente dignitoso ma martoriato dall’aria visto la stretta vicinanza con una discarica di rifiuti. Così, quella che con affetto era diventata casa del rugby partenopeo, ha regalato ai suoi inquilini dei momentanei e continui olezzi di “monnezza“. Oggi la Partenope, nonostante abbia avuto a disposizione il suo vecchio campo in città (zona Arenaccia), deve combattere contro la burocrazia e l’ottusità. Infatti, la struttura è di proprietà dell’esercito che la gestisce con il placet del CONI. Questo sta causando un continuo “braccio di ferro” sugli orari, sulla quantità d’acqua calda da usare per le docce, sulla possibilità di parcheggiare auto all’interno, su quanto e come tenere accesi i riflettori, sulle modalità di controllo di chi entra ed esce dall’impianto (come se a frequentare il campo durante la settimana ci fossero eserciti di sconosciuti).
“Purtroppo la cronica carenza di strutture sportive rende ancora più difficile l’organizzazione di qualsiasi realtà societaria ma, e soprattutto, in uno sport come il nostro che resta a vocazione amatoriale. Da qualche anno siamo ritornati nella nostra casa allo stadio Albricci la vera culla del nostro rugby cittadino e del quale molti rugbisti di ogni parte dello stivale portano con loro stessi moltissimi ricordi epici. Riuscendo a mantenere ancora per qualche lustro questa struttura come nostra casa potremo dare la continuità necessaria al nostro progetto per consolidare il nostro presente ed assicurarci il futuro. Non credo sia possibile pensare ad una soluzione se non cercando una azione a livello culturale. Oggi lo sport non è visto come una componente essenziale della formazione della persona. Tutto il resto è una conseguenza di ciò. Certo ognuno di noi auspica soluzioni almeno a livello federale che provino a “tamponare “ queste carenze ma , senza un radicale cambio culturale, non credo esista azione che possa essere efficace“, ha dichiarato Edgardo Palazzi, dirigente accompagnatore del club.
“Il rugby non è uno sport riconosciuto e supportato dalle istituzioni. Da una parte c’è la problematica della disponibilità delle strutture sportive e dall’altro c’è l’inefficienza dei mezzi di trasporto. Questo significa che per chi deve spostarsi con i mezzi pubblici sia dai comuni limitrofi sia dalla stessa città si trova in una situazione di evidente difficoltà nel raggiungere le pochissime strutture sportive presenti. Ad oggi ci troviamo nella condizione che fare sport in questa città significa ringraziare chi con impegno economico e umano ci permette di divertirci ancora con la palla ovale. Ma il problema è nazionale, di un movimento che presenta tutte le sue differenze tra Nord e Sud. Certo, vi è anche una grave carenza di cultura sportiva che possa consentire al rugby di svilupparsi“, queste le parole di Stefano Valerio, seconda linea.
NIENTE STRUTTURE MA TANTA ATTENZIONE ALLE SCUOLE E ALLE PERIFERIE – Eppure, anche senza molti soldi e il “sostegno” istituzionale necessario, la Partenope è impegnata in due progetti molto interessanti. Uno è relativo al rugby nelle scuole e l’altro nella riqualificazione del quartiere Barra (periferia est di Napoli) con la creazione di un campo a disposizione dei ragazzi del posto. “Già avevamo iniziato a Scampia facendo formazione a futuri dirigenti e giocatori. Il risultato? Oggi in quel quartiere c’è un’ottima e neonata realtà rugbistica – ci ha detto Marcos Reyna allenatore / giocatore della Partenope, nato in Argentina ma napoletano di adozione (vive da 10 anni sotto il Vesuvio) – l’obiettivo è portare il rugby ovunque facendolo conoscere ai giovani che magari possono trovare nello sport un’altra strada – ha continuato il coach – noi ci crediamo e per questo andiamo nelle scuole in quartieri come Barra“.
“Rugby nelle scuole per noi é il trofeo Partenope. Un torneo scolastico studentesco che per ciascuna categoria juniores mette in palio un trofeo che sulla formula della America’s cup di vela lascia sfidare tra di loro le scuole tutorate dalla nostra società. Alla sesta edizione si prepara per arrivare alla settima con squadre scolastiche anche extra regionali. A maggio uno dei trofei sarà difeso dall’istituto Majorana di Bergamo. La Partenope deve la sua storia migliore ai tornei studenteschi. Per questo con il trofeo Partenope. Altra menzione la merita il sociale. La nostra associazione è una costola della Associazione Polisportiva Partenope (che è un Ente Morale) e che fa della attività sociale una delle missioni principali. A tale proposito merita una menzione particolare un protocollo di intesa firmato con l’istituto scolastico “Solimena” di Barra che ha consentito di dare agli studenti ed agli abitanti del quartiere un campo di rugby in una delle periferie più difficili della nostra città sul quale si alternano tesserati della nostra società per insegnare il nostro sport a tutti i ragazzini che si presentano al campo“, ha raccontato Palazzi.
GLI AMATORI – Oggi si chiamano Rugby Napoli Afragola per l’unione tra le squadre dei due territori. Ma per tutti sono gli Amatori, società nata a Bagnoli e che ha mosso i suoi primi passi nelle strutture del CUS Napoli. Il club è un pò come l’Araba fenice di un quartiere che da decenni non è in grado di risorgere dal suo passato operaio e che attende interventi radicali, strutturali e di bonifica soltanto annunciati e mai messi in pratica dalle istituzioni, locali e nazionali. La squadra è stabile in Serie B e ormai lotta da almeno tre stagioni per provare a fare il grande salto in Serie A. “Il nostro obiettivo è far affermare un movimento che ad oggi si presenta in agonia. Purtroppo siamo figli dell’assistenzialismo. Ci aspettiamo sempre un intervento dall’alto, dalla Federazione ma sono i club che devono svegliarsi e darsi una mossa“, ha affermato l’allenatore Lorenzo Fusco (un cognome che ha segnato la storia del rugby cittadino e nazionale). Ma anche qui le difficoltà sono tante, “premesso che il primo scudetto a Napoli, di uno sport a squadre, è stato vinto nel rugby (ben due conquistati dalla Partenope negli anni ’60, ndr), fare rugby in questa città rappresenta una vera e propria missione – ha dichiarato Rodolfo Antonelli Consigliere della società – é puro volontariato, ognuno svolge più ruoli pur di dare il suo contributo. Si fanno sacrifici, si investe tempo togliendolo alla famiglia e si investono soldi propri“.
IL GIOIELLO NELL’EX AREA NATO DI BAGNOLI – Proprio grazie a risorse private gli Amatori hanno ottenuto in gestione un’ampio spazio nell’ex area militare. “Tutto è frutto della passione, del sacrificio e della volontà di persone che grazie al loro lavoro ci hanno permesso di toglierci qualche soddisfazione“, ci ha detto Fusco. Ed eccola la “soddisfazione” un campo regolamentare da rugby su erba sintetica di ultima generazione e di fianco una piccola Club house, letteralmente la “Casa del club“, uno spazio sempre aperto per i membri della società, i suoi giocatori, i suoi tifosi. Un posto fondamentale per la crescita di una realtà sportiva fondata su valori come quelli dell’aggregazione e dell’amicizia. “Abbiamo un contratto con il Banco di Napoli assistenza all’infanzia che ci garantisce il comodato d’uso dell’area che gestiamo. Il tutto è stato finanziato da circa 500mila euro sborsati da privati cittadini. Non possiamo che essere orgogliosi se questa struttura possa rappresentare una sorta di riscatto per l’intera Bagnoli“, ci ha raccontato Antonelli.
LA SINDROME DEL “GATTOPARDO” E LE PROSPETTIVE – Erano almeno dieci anni che non mettevo piedi all’Albricci. Con molta tristezza posso affermare che non è cambiato nulla. Anzi ho notato un palese peggioramento dell’impianto. Per fortuna, a strapparmi un sorriso, sono stati l’impegno, la caparbietà e la testardaggine di quei “pazzi” che continuano a lavorare sodo per contribuire alla crescita di questo sport e dei ragazzi che lo praticano.
“Ritornando dopo qualche anno, il derby di B, ha un sapore molto speciale per Napoli. Vuol dire che il movimento locale sta crescendo molto – ha affermato Marco Flumene coach di origini inglesi che ha allenato in entrambe le società – fare rugby qui significa lottare con ogni giorno contro lo strapotere del calcio, ma sicuramente, si trova terreno fertile per far attecchire quelli che sono i principi della palla ovale: sostegno, amicizia e rispetto. Sicuramente – ha concluso Flumene – il movimento sta attraversando uno stato di salute. L’idea delle strutture in pianta stabile in mano ai club si diffonde e questo non può che far crescere il movimento“.
Della stessa idea è anche Palazzi: “Tutta la provincia napoletana grazie al traino di queste due squadre sta facendo passi da gigante ed ormai è prossima la leadership regionale. Se a livello seniores ancora non sembra così evidente (il Benevento e’ in serie A) a livello juniores e propaganda ormai la provincia di Napoli resta la più attiva e la meglio rappresentata a livello élite. Immaginiamo cosa potrebbe accadere a tutto il movimento se le singole realtà locali agissero in totale sinergia e coordinamento“.
IL TERZO TEMPO – Come di consueto, alla fine della partita, strette di mano e abbracci tra i giocatori. I complimenti dei vincenti ai perdenti e viceversa. “Il rugby è aggressività, è guerra. Ma dopo viene la pace più bella del mondo“, diceva Marco Bollesan, storico giocatore prima e dirigente poi della nazionale italiana. Ed è stato così anche ieri, dove in occasione del Terzo tempo i giocatori di entrambe le squadre hanno mangiato e bevuto insieme. È stata davvero una domenica di festa e di sport, così come si sono augurati i protagonisti di questa partita.




