Ci sono nuovi elementi a disposizione degli inquirenti. Ora c'è forte sinergia tra la DDA e la Procura di Roma
Raffaele Russo, il figlio Antonio e il nipote Vincenzo Cimmino sono spariti in Messico lo scorso 31 gennaio e da allora sono ricercati nella provincia della città di Tecalitlan nello stato di Jalisco. Secondo le indagini i tre napoletani sarebbero stati arrestati da un gruppo di poliziotti corrotti (di cui 4 già arrestati) e poi venduti al cartello del narcotraffico Nueva generation con a capo il boss El Mencho.
Dietro la vicenda ci sarebbe l’attività per la quale i Russo e Cimmino erano in Messico. Infatti, i tre napoletani si trovavano in centro America per vendere generatori di corrente. In seguito si è scoperto che questi macchinari fossero falsi, difettosi e di fattura cinese. La loro vendita era destinata a zone dell’entroterra messicano dove ci sono ancora problemi con la distribuzione normale di corrente elettrica.
L’indagine in coordinazione con le autorità italiane, messicane e internazionali (la Farnesina, la procura messicana, il Consiglio d’Europa e l’Interpol) si è arricchita di alcuni nuovi elementi forniti dalla moglie di Raffaele Russo ascoltata dai pm Ida Teresi e Alessandra Converso. Questa piccola svolta ha permesso agli inquirenti della DDA (Direzione distrettuale antimafia) napoletana di intervenire a sostegno della Procura di Roma.
Nel frattempo, da quando la famiglia degli scomparsi ha messo a disposizione una ricompensa di 2 milioni di pesos (circa 90 milioni di euro) per chiunque avesse informazioni significative, non è stato raccolto nessun tipo di indizio. Intanto, l’avvocato dei parenti Claudio Falleti ha denunciato l’assenza delle istituzioni sul caso.