Domenica sera è andata in scena l’ultima replica al Teatro Eliseo di Roma dell’adattamento di Massimiliano Bruno del “Sogno di una notte di mezza estate” shakespeariano, con protagonisti Violante Placido, Giorgio Pasotti, Paolo Ruffini e Stefano Fresi. Tre settimane di repliche ed un grande successo di pubblico, con sold out tutti i weekend, per le storie intrecciate di re, regine, amanti, fate, folletti e commedianti, rivisitate in chiave moderna, fra musica rock (Black Hole Sun dei Soundgarden, su tutte), citazioni beatlesiane nascoste e costumi e trucchi dark.
Abbiamo incontrato uno dei protagonisti, Antonio Gargiulo, attore e napoletano doc, che nell’allestimento interpreta Demetrio, uno degli amanti che, scappando nel bosco, dà il via alla dimensione onirica che caratterizza la commedia.
Antonio, parlaci di questo “Sogno”:
È uno spettacolo spensierato, innanzitutto, e che piace. Lo dico come dato oggettivo, perché l’Eliseo è stato sold-out quasi tutte le sere, e siamo stati in scena per ben 3 settimane. Pubblico entusiasta, il passaparola è stato fortissimo e quasi sicuramente ci sarà un ritorno a Roma. È un’operazione che voleva avvicinare Shakespeare ad una vasta platea di persone, renderlo popolare, e credo che sia riuscita in pieno perché sono venuti tutti, da persone dell’ambiente dello spettacolo allo spettatore incuriosito, finanche tanti bambini: addirittura classi intere di giovanissimi, spesso allievi di laboratori teatrali, davvero entusiasti, perché hanno capito la storia e si sono divertiti. E poi il sogno si presta, chiaramente: c’è la magia, l’amore, la parte comica. Davvero un importante successo di pubblico.
Dalla regia al cast, ci sono grandi nomi del cinema e della televisione; per te che vieni dal teatro, com’è stato lavorare con loro?
Molto Interessante. Loro hanno scuole diverse, chi ha fatto più cinema, chi più tv, chi ha già esperienza teatrale, ma sono assolutamente cinque professionisti, ognuno è riuscito a dare allo spettacolo parte del proprio background, e credo che Massimiliano sia stato molto bravo ad amalgamare il tutto e capire quali erano i punti di forza di ognuno.
Non è la prima volta che lavori con Massimiliano Bruno…
No, infatti. Lavoro con lui nel suo laboratorio permanente, in cui si tengono laboratori per attori professionisti ed anche per aspiranti attori. L’approccio di Massimiliano non è quello di insegnare qualcosa, ma di buttare delle esche, innescare dei processi creativi. Collaboro con lui dal 2011, in altri laboratori che faceva annualmente, d’estate soprattutto, e la cosa bella è che da questi laboratori sono nate tante cose, anche delle nuove compagnie teatrali.
E invece, in questi mesi di lavoro sul Sogno, con chi hai avuto modo di legare maggiormente?
Beh, la risposta diplomatica sarebbe che ho legato con tutti, ma Stefano Fresi mi ha regalato la macchinetta del caffè napoletana classica, con tanto di caffè, pochi giorni fa… quindi devo dire che da 48 ore ho una preferenza per una persona che si chiama Stefano..
Ed oltre al gusto per il caffè fatto con la macchinetta del caffè classica, cosa ti porti dietro di Napoli?
Se c’è una cosa che mi piace tanto di Napoli e che mi porto dietro, è che noi napoletani siamo molto connessi alla nostra parte istintiva. Nel nord Italia, ancora di più nel nord Europa, le persone sono più controllate, hanno sviluppato, nel tempo, molto più l’aspetto razionale, mentre noi abbiamo mantenuto una connessione con la parte istintiva, animale (e lo dico con un’accezione assolutamente positiva), che è fondamentale a teatro: l’abbiamo sempre a portata di mano, quando serve; certo, spesso ne paghiamo il prezzo, con l’eccessiva caoticità e la mancanza del rispetto delle regole, ma credo che questo continuo trasgredire l’ordine del napoletano medio, in ambito artistico, dove le regole sono necessarie, ti offra uno sguardo laterale, una connessione più facile con la sfera emotiva. Lo dico da napoletano vero, perché sono cresciuto tra Pianura e i Tribunali, dove spesso ancora si cammina senza casco, o contromano, e dove, purtroppo, la sensazione è che non sia necessario rispettare le norme per vivere serenamente.
Hai mosso a Napoli i primi passi da attore? Come sei entrato nel mondo del teatro?
La porta dalla quale sono entrato nel teatro, è vicino al museo nazionale, a Napoli, quella di un piccolo teatro che si chiama Teatro De Poche, quasi un cunicolo sotto i palazzi del centro. Nel 2006 quella porta me l’ha aperta Sergio Di Paola, fantastico Pulcinella, adesso clown del Cirque du Soleil; il primo laboratorio l’ho fatto con lui e con i direttori di questo piccolo teatro, poi da lì venni a Roma, dove ho studiato e ho iniziato il mio percorso.
Quindi non hai sempre fatto teatro?
No, mi sono laureato in economia, materia davvero molto poco inerente con l’ambito artistico; dopodiché ho lavorato come stagista a Roma, in ufficio commerciale ma ho retto 5 mesi: il direttore mi chiamò nel suo ufficio, porgendomi il contratto d’assunzione ed io, che intanto avevo iniziato a studiare in un’accademia di teatro, la sera, quando finivo in ufficio, gli porgo a mia volta il contratto dicendo le testuali parole: “se firmo, io non avrò più il coraggio di andarmene”. Quindi non firmai e un mese dopo ero allievo attore full time.
Una scelta coraggiosa. Ha pagato, finora?
Vero. Era l’inizio della crisi, nel 2006. Sono stato fortunato, ho lavorato con Giancarlo Sepe, Andrea De Rosa, Martone… poi, qualche anno fa ho incontrato un grande maestro internazionale, Andrei Konchalovsky, che mi scelse per la sua Bisbetica Domata, prodotta dallo stabile di Napoli e dallo stabile di Genova. L’anno dopo mi ha coinvolto un altro progetto teatrale, l’Edipo, e quest’anno ha deciso di girare un film su Michelangelo, fra Roma e altre province del Lazio e della Toscana, nel quale mi ha voluto nel ruolo di Francesco Maria della Rovere, un ruolo storico. Gli sono davvero grato, è veramente un maestro assoluto.
Parti oggi per portare il Sogno in tour per l’Italia. Farete una tappa a Napoli?
Per quest’ anno no, il calendario è già molto ricco, ma per la prossima stagione credo ci siano buone possibilità. Napoli è casa mia, sarà sempre una tappa con un’emozione particolare.
E allora, come si dice a teatro per augurare successo…
Merda! Merda! Merda!