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Napoli Indipendente e Sovrana, la città vuole staccarsi: “Preparatevi a una rivoluzione rivoluzionaria”

Quando è stata lanciata qualche settimana fa, l’idea del comitato Napoli Indipendente e Sovrana ha raccolto consensi e scetticismo. Chiedere l’indipendenza della città partenopea e della sua provincia appare oggi una proposta utopica ma, stando invece alle parole di chi fa parte di questo comitato, non è poi così impossibile da realizzare.  A tal proposito VocediNapoli.it ha intervistato il portavoce della delegazione che ha spiegato punto per punto tutti gli aspetti della richiesta di auto-determinazione di un popolo. Richiesta che contano di presentare entro gennaio a Ginevra, dove c’è la sede dell’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani.

Prima di leggere l’intervista, potete consultare l’articolo del 2 ottobre scorso (“Napoli come Barcellona, nasce il comitato per l’indipendenza: il documento esclusivo”) dove è spiegato nei dettagli il documento del comitato per l’indipendenza.

Come è nata questa idea di indipendenza e come intendete arrivare a questo obiettivo?

“Semplicemente attraverso la legge, non facendo alcuna manifestazione, non fomentando violenze perché con la violenza non si arriva da nessuna parte. Usando le leggi che abbiamo a disposizione, i trattati che anche l’italia ha ratificato. Tutto ciò che faremo, lo faremo direttamente all’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani”,

Come è nata questa voglia di indipendenza?

“Sono calabrese ma vivo a Napoli da oltre 20 anni, lavoro in polizia, la mia seconda figlia è nata qui. Abbiamo sempre avuto a scuola libri di storia che ci facevano e fanno studiare un sud sempre arretrato, sempre a rincorrere il nord. Andando invece ad approfondire la storia della nostra città, ci siamo resi conto che Napoli è così una città a se stante che può essere solo delle persone che la abitano. Già se vai a Caserta, Salerno e nelle altre province campane, parlano male a prescindere di Napoli, magari solo per adeguarsi ai tanti luoghi comuni che sono stati creati negli anni”.

Quanto è difficile portare a compimento un progetto del genere?

“Agli occhi degli italiani dovrebbe essere semplicissimo perché, almeno sulla carta, hanno sempre qualcosa da ridire sulla nostra città, quindi se riusciremo a staccarci e a renderci indipendenti sarà solo un grande favore che potremo fargli. Per i napoletani è invece un’opportunità di riscatto, dopo decenni di mortificazioni. Il popolo partenopeo può cadere anche cento volte ma sarà sempre pronto a rialzarsi. Adesso posso dire che i nostri cittadini sono pronti per un passo del genere. In tanti mi stanno già telefonando e vogliono firmare per l’indipendenza”.

Occorrono però tantissime firme…

“Si raccomanda il 10% degli aventi diritto al voto. Quindi tra Napoli e provincia sono circa 200mila firme da allegare al documento principale della richiesta di indipendenza. Verranno poi allegati altri incartamenti che spiegheranno dettagliatamente all’Onu i motivi di una simile richiesta”.

Una volta presentate le firme e i documenti all’Onu?

“Entro sei mesi può dare o meno il via libera per il referendum sull’indipendenza. L’Onu garantisce la pace tra i popoli e se viene dimostrato, con le 200mila firme e i documenti allegati, che il popolo napoletano non sta bene con quello italiano, le Nazioni Unite devono intervenire per evitare qualsiasi tipo di problema. Lo ripeto ancora una volta: la nostra è una rivoluzione rivoluzionaria, senza violenza ma solo con l’applicazione delle leggi internazionali”.

Che differenza c’è tra quello che state perseguendo voi di Napoli Indipendente e Sovrana e quello che sta accadendo in Catalogna?

“Li è tutta una farsa. Anche il referendum è illegale, senza alcuna valenza politica e costituzionale. Sono lontani anni luce da noi. Così come è diverso quello che chiedono Veneto e Lombardia, ovvero trattenere lì il 90% delle tasse. Noi vogliamo essere come San Marino, come il principato di Monaco”.

A Napoli ci sono pure gli indipendentisti borbonici…

“Immaginate cosa significa il ritorno alla monarchia? Il re, la regina, il duca, il principe, il barone… Vorranno sempre mantenere i propri privilegi con il popolo che resterà sempre servo di qualcuno. La nostra rivoluzione parte invece proprio dal popolo”.

Così come ci sono altri gruppi che perseguono l’indipendenza.

“Loro però la promettono tra 30-40-50 anni, noi invece subito. Se uno sta male non va in ospedale tra 30 anni ma subito. Noi vogliamo uscire da questa situazione il prima possibile. Inoltre sono indipendentisti che chiedono soldi, che magari puntano a una poltrona in Parlamento. A noi la politica non interessa”.

Che Governo avete in mente?

“Un presidente, sei saggi (tra cui il saggio Super Visore) e due rappresentanti per ogni città della Repubblica di Napoli. Non ci saranno partiti politici ma si voteranno solo ed esclusivamente le persone”.

Per quanto riguarda invece l’aspetto economico, come intendete garantire i 1500 euro di stipendio minimo oltre alla pensione dopo 15 anni, a due mesi di ferie l’anno, al bonus di 1000 euro per le famiglie (per i primi tre anni)? I soldi ci sono?

“E’ un discorso complesso, qualcuno appare giustamente scettico ma Napoli è una città ricca che può tranquillamente sostenersi da sola. Dai dati Istat relativi al 2014, il prodotto interno lordo partenopeo è pari a 60 miliardi. Ci sarà un’unica tassa, la TUN (tassa unica napolitana) pari al 10%, alla quale arriveremo in due anni. Poi sarà tutto telematico, ogni ricevuta emessa da un’esercizio commerciale andrà direttamente alla Banca Centrale che scalerà l’imposta e girerà via bonifico il resto all’esercente di turno. Così come andare in pensione nel giro di 15-20 anni significa non lavorare per tutta una vita. In Italia oggi, se tutto va bene, si va in pensione a 70 anni. Ve l’ho immaginate un poliziotto lavorare a 70 anni”.

Il problema resta però azzerare il debito pubblico italiano accumulato in tutti questi anni.

“Lo nostra parte la pagheremo in 7-8 anni mantenendo però la tassazione unica al 10% che comprende tutto: scuola, sanità, rc auto, acqua, luce, gas. Vogliamo 3 milioni e mezzo di napoletani (compresa la provincia) assolutamente sereni”.

Sull’immigrazione quali sono le vostre idee?

“Sicuramente non quelle italiane. La nostra priorità saranno i napoletani. Dobbiamo pensare a stare bene prima noi, poi ci sarà spazio per gli altri”.

Questo però non va contro la filosofia dei napoletani e il loro spirito di accoglienza?

“Per poter accogliere e aiutare bisogna innanzitutto stare bene”.

Tu lavori in polizia da oltre 20 anni. Che percezione hai di questa città?

“Girando per le strade di Napoli, soprattutto per i quartieri più popolari, ho visto tanta speranza in mezzo a tanta disperazione. Nonostante la poca presenza dello Stato, il napoletano è sempre vivo, nono muore mai. Ha un modo di affrontare i problemi unico. La nostra è una città già libera, è un paradiso che non ha confini ma solo orizzonti. Come diceva Massimo Troisi: “Perché si chiama mezzogiorno d’Italia? Perché quando scendono i politici, a ogni ora, è sempre mezzogiorno, si mangia sempre, si vive sempre”. Napoli deve finire di essere così bistrattata. Io faccio il poliziotto è posso dire che qui non si spara tutti i giorni e che accadono cose che si verificano in tutte le grandi città italiane. Napoli non è prima in Italia per furti, scippi e rapine. Da noi però l’assicurazione è sempre alle stelle mentre altrove no”.

Napoli è sempre messa in cattiva luce per la presenza della camorra che, rispetto ad altre città italiane, qui mantiene una sua “tradizione”?

“Questo è possibile. Però c’è sempre l’abitudine a ghettizzare questa città. Non è vittimismo questo ma realtà dei fatti. La camorra esiste e c’è sempre, però spesso è un fenomeno che viene esasperato dall’opinione pubblica”.

Chi fa parte del comitato Napoli Indipendente e Sovrana?

“Siamo un gruppo misto, di professionisti, di persone comuni. Gente umile che vuole il riscatto di questa città. Nessuno di noi ha mai fatto politica. Lo zoccolo duro è composto da 13 persone”.

Tu continuerai a lavorare in polizia?

“Non lo so se me lo lasceranno fai ma io voglio continuare a farlo. Sono un poliziotto. Per adesso sono sotto il governo italiano ma ho giurato fedeltà al popolo e adesso sto lottando per il mio popolo. Poi ripeto, stiamo facendo tutto nel rispetto della legge. La violenza non riusciamo proprio a concepirla”.

A chiarire i dubbi e motivare l’iniziativa presa dal comitato dei 13 è Antonio Postorivo, un poliziotto in servizio da oltre 20 anni presso la Questura di Napoli.