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Costrette a prostituirsi e poi ad abortire: preso il “medico” che chiedeva l’elemosina

Chiedeva l’elemosina e più volte aiutava a portare le borse della spesa ai clienti di un noto centro commerciale di Napoli. Dietro al “bravo ragazzo” si nascondeva un cinico e spietato uomo, soprannominato “Doctor” per le sue conoscenze mediche, che dietro il pagamento di laute somme di denaro aiutava le “Madame” della prostituzione a far abortire le giovani ragazze africane che venivano sfruttate nell’attività di meretricio sul litorale Domitio. Sei i casi al momenti riscontrati.

LE INDAGINI – Una storia agghiacciante quella scoperta dai carabinieri della Compagnia di Mondragone che dopo un mese di indagine, coordinate dalla procura di Santa Maria Capua Vetere e avviate lo scorso settembre avvalendosi anche di intercettazioni ambientali e telefoniche, hanno portato al fermo di un 51enne nigeriano, Friday Ewunorgbon, considerato dagli inquirenti intraneo al mondo dello sfruttamento della prostituzione e ritenuto responsabile dei reati in materia di interruzione di gravidanza.

SEI GLI ABORTI – L’attività svolta da “Doctor” era rivolta a tutte quelle ragazze che, rimanendo incinte a causa della grave condizione di sfruttamento a cui erano sottoposte in modo continuativo, non potevano più essere impiegate in strada e dunque contribuire al guadagno delle proprie aguzzine. Le indagini hanno permesso agli inquirenti di far luce sul macabro operato dell’indagato che, nel breve monitoraggio si è reso responsabile di circa sei aborti.

IL TARIFFARIO – L’imponente numero di clienti che contattavano il dottore ha fatto comprendere alla polizia giudiziaria quanto fosse fruttuoso il giro di affari. Per un singolo aborto procurato con la somministrazione di farmaci percepiva un compenso di 300 euro mentre, per un aborto procurato, oltre i tre mesi di gravidanza e necessario di operazione, chiedeva un corrispettivo in denaro di circa 2500 euro.

BLITZ DURANTE L’ABORTO – Il provvedimento di fermo si è reso necessario per interrompere la condotta criminosa del soggetto nigeriano che si mostrava – durante le intercettazioni – totalmente concentrato in tale attività. L’operazione si è conclusa quando la polizia giudiziaria ha fatto irruzione nella casa dove si svolgeva tale scempio. I militari una volta entrati all’interno dello stabile hanno dovuto abbattere una porta, “inchiavata” dall’esterno, che conduceva ad una stanzetta di pochi metri quadrati dove venivano trovate due ragazze nigeriane ventenni.  Nell’immediatezza veniva svolta una perquisizione accurata della casa che permetteva di rinvenire diversi farmaci, da utilizzare sotto prescrizione medica ma di uso comune, che come effetto collaterale potessero cagionare l’aborto. Inoltre, venivano rinvenute delle cannule ginecologiche sterili, fazzoletti imbevuti di sangue e altri strumenti utilizzati per tali pratiche.

L’INCUBO VISSUTO – Le due ragazze sono state condotte immediatamente alla clinica Pineta Grande di Castel Volturno dove veniva constato l’avvenuto aborto di una delle due e lo stato di gravidanza, risultato alla dodicesima settimana, per l’altra. Entrambe sono state ricoverate. La preziosa collaborazione degli interpreti ha permesso di aprire un eccellente dialogo con le ragazze sfruttate che decidevano di collaborare e di raccontare tutto quello che avevano patito. Una delle due ha raccontato di aver subito, contro la sua volontà, delle manovre assolutamente invasive da parte dell’indagato che le provocavano un aborto con ingente perdita di sangue. L’altra, pur avendo subito le sevizie, allo stato non aveva ancora perso il bambino. Il racconto delle ragazze ha anche fatto luce sul macabro contesto di sfruttamento della prostituzione in cui erano finite. Entrambe, originarie della Nigeria, ed arrivate in Italia dalla Libia, vittime di tratta di esseri umani, venivano indotte a prostituirsi sul litorale Domitio e solo dopo aver avuto quello che agli occhi dei loro aguzzini era considerato un incidente di percorso, sono state costrette ad abortire contro la loro volontà.