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La storia del Teatro San Ferdinando di Napoli

Quando ormai da due secoli a Napoli si costruivano teatri, e nell’ultimo periodo, in particolare, spuntavano in città come frutti di una semina culturale millenaria, due attori del teatro San Carlino, Pasquale Pignata e Giuseppe Di Giovanni, si recarono da Ferdinando IV, re di Napoli, in compagnia del notaio Gaetano Francone, per chiedere al sovrano il permesso di costruire un nuovo teatro a Pontenuovo, in via Foria. Era l’inverno del 1788, e un paio di mesi più tardi la sospirata concessione arrivò. Nasceva, su carta, il Teatro San Ferdinando di Napoli.

Croce riteneva quindi l’iniziativa fosse partita da Gaetano Francone. C’è chi invece, come Vittorio Viviani, attribuisce al principe Ripa Francesconi di Columbrano l’idea del teatro che più in là nei secoli sarebbe rimasto legato al nome di Eduardo De Filippo. Lo storico e giornalista Giovanni Artieri sosteneva invece che il teatro fu edificato grazie alle pressioni dei principi Ripa Franconi di Colobrano, Fiorino, Santobuono e Torchiarolo. Fatto sta che nel 1789 subentra come socio Diomede Carafa dei principi di Colobrano, divenuto in seguito proprietario del teatro, e la stesura dello stesso viene affidata all’architetto Camillo Lionti, con la collaborazione dell’altro architetto Domenico Chelli, incaricato delle decorazioni.

Non si concorda nemmeno sulla data di fondazione del San Ferdinando. Il Croce la fissa al 1790, il Viviani la pospone invece al 1797-98. Più credibile risulta però la versione di Benedetto Croce, grazie alla presenza di due documenti datati 1790. Nel primo è attestata la richiesta di un certo Tommaso Tomeo, il quale invocava la concessione dei giardini in via Foria per ospitare una rappresentazione della sua compagnia teatrale. Il sovrintendente dei Teatri di Napoli gli rispondeva ufficialmente che quel terreno era ormai occupato da un nuovo teatro.

Il secondo documento riguarda l’intitolazione del teatro. Il 4 agosto del 1790 la Deputazione dei Teatri rispondeva ufficialmente a chi proponeva il teatro venisse dedicato al sovrano vigente, e che fosse quindi chiamato Ferdinando IV. Il parere fu negativo, perchè, testualmente, il teatro “non è stato costruito per il Real comando e a spese Regie“. Si optò per una soluzione di compromesso: il teatro fu chiamato San Ferdinando, in ottemperanza alla moda vigente di dedicare i teatri ai santi, mantenendo però il nome di Ferdinando.

Questi due documenti rendono più verisimile la storia e la datazione fornita da Benedetto Croce. Si può quindi affermare che nel giro di poco più di un anno il teatro era pronto per l’inaugurazione. 39000 ducati di spesa complessiva assunsero la forma ellittica della platea: i reali potevano assistere agli spettacoli dai due palchetti loro destinati (uno per sovrano e consorte, l’altro per i familiari), mentre a scandire lo spazio verticale vi erano le quattro file di palchi, suddivise ognuna in cinque palchetti, dotati a loro volta di tredici posti a sedere ciascuno (comodissime poltroncine imbottite, per il facoltoso pubblico di nobili napoletani).

Dal 1790 al 1799 il teatro San Ferdinando offrì il palcoscenico a opere in musica e balletti. L’inaugurazione stessa presagiva un utilizzo in questo senso, con Il Falegname di Domenico Cimarosa (musicista molto in voga ai tempi). Grande rilevanza assunse l’evento del 1810, quando al San Ferdinando fu messa in scena per la prima volta in Italia l’opera di Shakespeare, Otello, grazie all’insistenza e alla lungimiranza dell’impresario Domenico Panza.

Dal 1820 gli subentrò come impresario Silvio Maria Luzi, il quale quasi immediatamente preferì subaffittare ad altri impresari. Cominciò così la lunga ricerca di una identità culturale per il teatro San Ferdinando. Ricerca che sembrava ricominciare ad ogni fallimento, ad ogni idea, ad ogni proposta. Una girandola di generi e forme d’arte che sembrava non aver mai fine, e impedì la formazione di un pubblico stabile ed affezionato.

Nel 1826 l’impresario del teatro San Ferdinando fu Lugani, e tentò la via delle opere in musica. Tentativo naufragato, la gestione passa in mano a Raimondi, che dal 1831 al 1836 trasforma il palcoscenico del teatro in un’arena per compagnie di dilettanti. Con il cambio di proprietario avvenuto nel 1843, il teatro non sembrò invertire la rotta. Enrico Del Prete, subentrato a Marzio Gaetano Carafa dei Principi di Colobrano, affidò la struttura a molti impresari diversi, ognuno custode dell’ennesima svolta. Risultato: per 40 anni continuò il solito caleidoscopio indecifrabile di generi e forme d’arte diverse.

Nel 1886, però, la svolta tanto attesa giunge davvero. L’impresario Luigi Bartolomeo trova la cifra stilistica giusta per il pubblico napoletano, e non cambia registro. Affida gran parte del “cartellone” alle opere di Crescenzo di Maio, e trova negli attori Federico Stella e Giuseppe Pironi due veri e propri pilastri delle rappresentazioni. Protagonista e antagonista capaci di suscitare le più appassionate reazioni del pubblico, che per il secondo finivano per diventare minacciosi appuntamenti “’a parte ‘e fore” da parte di spettatori particolarmente coinvolti.

Quaranta anni di successi, seguiti a quarant’anni di maldestri tentativi, sembrarono riportare ai fasti agognati le sorti del San Ferdinando. Poi un ulteriore declino, culminato nella conversione del glorioso teatro in cinematografo, fino alla definitiva rasa al suolo in seguito ai bombardamenti su Napoli del 1943. Toccò all’indimenticato Eduardo De Filippo, cinque anni dopo, comprare il teatro per tentarne l’ennesimo rilancio.

Investì nella ricostruzione tutti i suoi risparmi, si indebitò con le banche, lavorò incessantemente per pagare i lavori. Ma anche De Filippo incontrò difficoltà apparentemente insormontabili. Tutti i suoi progetti finivano nello scioglimento: la Società Imprese Teatrali, le compagnie “Il Teatro di Eduardo” e “La Scarpettiana”, “Il Teatro San Ferdinando s.r.l”, la “Teatrale Napoletana”. Niente sembrava poter decollare lì, finché il figlio di Eduardo, Luca, donò il teatro al Comune di Napoli. Oggi il teatro San Ferdinando è nuovamente operativo, e la sua gestione in mano al “Teatro Stabile di Napoli”.