Marco Borriello si è recentemente raccontato in un’intervista a David Trezeguet in “Nove-Storie da Bomber”. Il calciatore napoletano ha rilasciato diverse dichiarazioni in merito alla sua carriera calcistica e alla sua vita privata. Sono soprattutto le sue origini ad aver segnato la sua intera esistenza, l’infanzia a Napoli nel quartiere si San Giovanni a Teduccio, una delle zone più pericolose e ad altro tasso di criminalità della città. Le sue dichiarazioni raccontano molto della sua vita da “Bomber”, l’infanzia con il pensiero fisso per il pallone e la salvezza lontano da Napoli perché chi nasce in alcuni quartieri ha un po’ il destino segnato.
Può sempre capitare un colpo di fortuna come nel caso di Borriello: “Ho vissuto a Napoli fino a 14 anni: andare a scuola per me era una tragedia. La maestra spiegava e io pensavo alle rovesciate e ai tiri che dovevo fare con i miei amici del quartiere: giocavo in piazza, poi sono entrato in una scuola calcio. Nell’aprile del 1998 venne a vedermi Franco Baresi, che era il responsabile del settore giovanile del Milan all’epica, e feci una partita stupenda da esterno sinistro. A Napoli non vedevo futuro, mia mamma era contenta di mandarmi al Nord, perché avevo delle amicizie un po’ così, c’erano bravi ragazzi e ce ne sono alcuni che sono ancora oggi in galera. Abitavo nel quartiere col più alto tasso di omicidi in Campania“.
Una carriera fatta di litigi e ostacoli di percorso quella del calciatore napoletano, la storia con Belen Rodriguez (fatta passare come una delusione) e poi la rinascita all’estero: “Firmai un contratto importante di 5 anni col Milan. E lì mollai un po’ e persi la classifica cannonieri: è un grande rammarico che ho. Vado ancora al Milan e quell’anno lì inizia l’Isola dei Famosi, io accuso dolore al flessore, ma dicono che non ho niente. L’hanno fatta passare come se avessi un problema psicologico per la storia con Belen. Invece ero stirato e sono arrivato a un punto in cui mi sono strappato il muscolo. il Milan poteva prendere Ibra e Robinho, ma doveva liberarsi di me e Huntelaar: non volevo andare via ma mandai tutti al diavolo e andai a Roma, poi anche lì persi il posto di attaccante e schifato da tutto accettai la prima squadra: il West Ham“. E poi infine tutti si aggiusta con la chiamata del Cagliari: “In estate lanciai un appello a Ibiza: ‘Chi vuole allenarsi con me?’. Ne arrivarono a centinaia. Arrivò la chiamata del Cagliari, dopo due giorni feci 4 gol, io ero allenato davvero“.