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Eruzione dei Campi Flegrei: sviluppato nuovo metodo di prevenzione

Continua l’incessante attività di monitoraggio dei Campi Flegrei, considerato dagli esperti il vulcano più pericoloso in tutta Europa. Quotidianamente dall’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) viene fatta un’importante attività di ricerca che permette di prevedere le eruzioni dei vulcani quiescenti. A tal proposito, è stato sviluppato un nuovo modello concettuale basato sullo studio dei movimenti del suolo.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications, ed è stato sviluppato dai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, insieme a quello dell’University College of London (UCL), ed è basato sulle deformazioni del suolo in relazione al tasso di sismicità. Un’accurata analisi dello sforzo a cui sono soggette le rocce vulcaniche comparato allo sforzo massimo, oltre il quale il sistema vulcanico rischia l’eruzione.

Giuseppe De Natale, dirigente di ricerca INGV spiega: “Quando le deformazioni sono di piccola entità le rocce si comportano in maniera elastica, deformandosi in modo proporzionale agli sforzi interni. Quando, invece, gli sforzi interni superano una certa soglia, il comportamento delle rocce diventa elasto-fragile, con conseguente processo di fratturazione. All’aumentare progressivo dello sforzo, oltre una certa soglia le rocce si comportano in maniera esclusivamente fragile, generando fratture sempre più profonde che collegano la superficie con le zone dove sono concentrati gli sforzi interni. In questa situazione, un’eruzione può innescarsi. Finora, per la previsione delle eruzioni, si focalizzava l’attenzione sull’eventuale presenza di intrusioni magmatiche superficiali. Questo lavoro invece pone l’attenzione sulla risposta del vulcano alle sollecitazioni interne, attraverso l’osservazione congiunta della deformazione e della sismicità“.

Sempre nell’ambito di questa ricerca, l’Ingv ha riscontrato segnali di irrequietezza del vulcano dei Campi Flegrei, un fenomeno che comunque non dovrebbe destare preoccupazione e non aumenta il livello di criticità, che resta fermo al colore giallo.
I segnali indicano che c’è una dinamica in atto, ma non sappiamo se questa ‘agitazione’ a lungo termine porterà ad un’eruzione“, ha spiegato il vulcanologo Stefano Carlino, che ha collaborato con Giuseppe Natale allo studio.

Parlando di una possibile eruzione, ha aggiunto:
Non sappiamo quale sia la soglia di criticità dell’energia accumulata. I segnali indicano che c’è una dinamica in atto, ma non sappiamo se questa ‘agitazione’ a lungo termine porterà ad un’eruzione“.