Sono passati 14 giorni dall’incontro promosso dalla Farnesina a Roma tra gli emissari del governo di Tripoli con quelli della fazione di Tobruk, che il presidente Fayez al-Serraj e il generale Khalifa Haftar si sono visti di persona nella capitale degli Emirati Arabi. Il confronto più atteso, perché determinante per il futuro della Libia, si è tenuto due giorni fa.
Serraj è il presidente del governo di unità sostenuto dall’Onu e dalle principali potenze occidentali (in primis l’Europa e gli Usa). Haftar è il generale ex fedelissimo (e poi avversario) di Mu’ammar Gheddafi a capo delle milizie di Tobruk e contrario alla legittimità del governo insediatosi a Tripoli. Al suo fianco la Russia, l’Egitto e l’Arabia Saudita. Dopo mesi di scontri che avrebbero potuto gettare il paese in una guerra civile, con il grande rischio di avere una situazione come quella che si sta verificando in Siria anche nel Mediterraneo (e vicino casa nostra), siamo forse giunti ad una svolta decisiva.
Il fatto che i due leader si siano incontrati è già un grande passo avanti. Questo vuol dire che entrambi riconoscono la propria autorità e sono finalmente disponibili al dialogo per promuovere l’unità della Libia. Il paese da quando Gheddafi è stato destituito e ucciso, si è ritrovato ad affrontare dei conflitti interni con l’Isis che si è insediato nella città di Sirte.

Al centro del vertice che sarebbe durato 3 ore, Serraj e Haftar hanno parlato dei punti cruciali su cui dovranno trovare un accordo: la gestione dei pozzi petroliferi da parte del governo centrale, un federalismo leggero che possa dare una certa autonomia alle regioni della Libia, la lotta al fondamentalismo islamico e il rilancio degli accordi con l’Occidente, la lotta alla tratta umana e impedire il traffico illegale di immigrati e clandestini.
Tutti aspetti fondamentali per il futuro ma prima c’è da chiarire un elemento troppo caro ad Haftar senza il quale non sarà siglato alcun patto: il comando delle forze armate del paese. Attualmente questo non è previsto nella Costituzione libica approvata nel 2015 a Shkirat. Al suo interno il controllo dell’esercito è in mano al potere politico che delega un militare per il suo esercizio.
Serraj per adesso sarebbe favole alla creazione di un nuovo Consiglio presidenziale di cui farebbero parte Haftar e il presidente del Parlamento di Tobruk Agila Saleh. Una struttura istituzionale dove però avrebbero la maggioranza due figure provenienti dalla regione della Cirenaica e che difficilmente sarebbe accettata dal parlamento di Tripoli. Un altro punto focale sarebbe quello di un accordo per andare ad elezioni entro marzo del 2018 e su questo i gruppi politici della capitale e di Misurata potrebbero dare il loro assenso.
Ora bisogna attendere notizie ufficiali da entrambe le fonti, considerato che queste indiscrezioni sono pervenute dai media arabi vicini al generale Haftar. Intanto l’Europa e soprattutto l’Italia si augurano una fine dei conflitti e un accordo che ponga le basi per un’unità della Libia. Questo potrà consentire di dare stabilità al paese e di combattere il terrorismo e gli sbarchi di immigrati clandestini.