Come si può non sentire, nei vicoli di Napoli, l’odore e il sapore di un tempo passato? Impossibile! La città partenopea conserva gelosamente le sue tradizioni tramandate di generazione in generazione. Un tocco magico che ha reso questo luogo il simbolo assoluto della semplicità, della fantasia e della creatività.
Inventarsi dei mestieri era quindi facile, come il pizzaiuolo. La bottega fumante da dove si sfornavano schiacciate rotonde con pomodoro, aglio, origano ed acciughe o con la mozzarella per un solo soldo a colazione, a pranzo o cena. Ma per un soldo si poteva anche passare dal friggitore ed avere il cuoppo di fragaglia (pesciolini) oppure quattro panzarotti farciti con un pezzetto di cavolo, carciofo o alici (se eri fortunato).
Per un soldo ci si poteva affacciare dalla vecchia che vendeva spighe bollite: due per l’esattezza, un soldo due spighe e più avanti, in chissà quale vicolo, di vecchia ce n’era un’altra, quella delle castagne, che per un soldo consegnava un cartoccio con nove castagne lesse. Per un soldo l’oste di una bottega farciva i tozzi di pane portati dal viandante di turno con le zucchine alla scapece o, aggiungendo un altro soldo, una frittura di carne e grasso di maiale con cipolle e residui di seppie. Chi possedeva due o tre soldi poteva avere qualcosa di più e garantirsi un piatto di pasta con pomodoro e cacio dai maccheroni : “Buongiorn’ signò me dat’ nu doie?!” O “nu tre” se si possedevano tre soldi.
Un pezzo di polipo bollito e piccante cotto nella sua acqua per due soldi. Il prezzo saliva a quattro soldi per avere una gran bella insalata di pomodori e cipolle o patate lesse e barbabietole o ancora, rape e cetrioli. Come nella borsa, il prezzo sale a otto soldi se parliamo delle tasche agiate e in tavola arrivava la famosa ‘menesta maritata‘, una minestra che non paghiamo più otto soldi, ma che conserva un grande valore sulle nostre tavole.