Se è vero che tutte le strade conducono a Roma, è altrettanto vero che non tutte le strade sono uguali, almeno a Napoli. Non è un caso quindi se, tanto tempo fa, via Toledo era una sorta di palcoscenico metropolitano lungo il quale sfilavano carrozze di tutti i tipi. A contendersi lo scettro di vettura più bella erano in due: la nobiltà e l’alta borghesia. Tre giorni l’anno però quella magica arteria partenopea alzava il sipario su un altro tipo di spettacolo: lo struscio che corrispondeva al tradizionale passeggio del “Giovedi Santo”. Si trattava a tutti gli effetti di una sorta di rituale da consumare durante la Settimana Santa che prevedeva la visita dei sepolcri cioè ad un numero dispari di chiese non inferiore a tre e non superiore a sette. Da qui l’origine del detto ‘jì facenno ‘e ssette chiesie‘. Le strutture religiose venivano definite sepolcri perchè al loro interno veniva allestito il ‘sepolcro di Gesù’ presso il quale era doveroso recitare le preghiere di rito.

Questo giro di matrice cristiana a Napoli veniva definito ‘struscio’. L’origine etimologica del termine sarebbe da far risalire al verbo strusciare che letteralmente significa lisciare, adulare. Quindi è molto probabile che struscio possa intendere l’azione di adulare i Santi in riferimento alle preghiere e alle adorazioni imposte dall’etichetta religiosa oppure possa celare un significato che andrebbe fatto risalire ai tempi di Fernàndez Pacheco de Acuña, vicerè spagnolo nella Napoli del Settecento. Il marchese di Villena, il 18 marzo 1704, stabilì un bando pubblicato, poi, dalla Gran Corte della Vicaria il quale vietava la circolazione di carrozze dal mezzogiorno del giovedì fino al tempo della Messa Solenne del Sabato Santo “quando incominciano a suonare le campane, conforme si costuma nella Regia Corte di Madrid“.
All’inizio il divieto di circolazione riguardava tutte le vie centrali della città. In prosieguo la limitazione fu circoscritta alla sola via Toledo, da porta dello Spirito Santo fino a Largo di Palazzo. Quest’ultima zona oggi è meglio conosciuta come Piazza Plebiscito. Lo scopo del provvedimento era dunque quello di permettere la visita di almeno tre chiese e la recita delle relative preghiere da consumarsi preferibilmente davanti al sepolcro di Gesù. La tradizione già affermata in Spagna divenne una consuetudine anche napoletana dal momento in cui la stessa famiglia reale in pompa magna, con le Real Guardie del Corpo al gran completo e con il corteo di cortigiani al seguito, dopo il vespro del giovedì santo, nel 1770, usavano percorrere tale tragitto per rispettare ‘lo struscio’ di chiara matrice cristiana.
Immediatamente i napoletani decisero di seguire l’esempio del viceré spagnolo trasformando lo struscio in una vera e propria festa primaverile. In fondo, e non c’è assolutamente motivo di meravigliarsene, i partenopei sono stati sempre bravi a tramutare il sacro in profano donando quel tocco di mondanità ad una celebrazione di chiara derivazione cristiana. E fu così che lo struscio divenne un’occasione in cui nobiltà e alta borghesia, ancora una volta, potevano dar sfoggio dei loro abiti inscenando una vera e propria gara, ovviamente in sostituzione di quella relativa alle vetture, all’insegna dello sfarzo e dell’eleganza più sfrenate. Col tempo però la ‘passeggiata’ della Settimana Santa si tramutò in una esibizione con tanto di struscio di piedi per terra, e di abiti nuovi eleganti e ‘fruscianti’ piuttosto che in un momento di raccolta religiosa.
Fu così che re Ferdinando IV si vide costretto ad intervenire per interrompere quello scempio come lo stesso Florio ci racconta nelle sue ‘Memorie storiche‘: “Fu dunque sovranamente ordinato che le Dame andassero semplicemente ornate di veli, e senza scandalo e fu così eseguito“. Il decreto imperiale, indirizzato per l’esecuzione al principe di Tarsia, portava la data 2 aprile 1781. Forse fu proprio tale decisione a permettere la sopravvivenza del rito dello struscio. Anche durante la breve vita della Repubblica Napoletana, infatti, venne rispettata la passeggiata del Giovedì Santo, la tradizionale camminata lungo via Toledo era stata però depauperata dallo sfarzo che un tempo l’aveva resa a tutti gli effetti una festa primaverile ed era ritornata ad assolvere alle sue funzioni cristiane.
Più gli anni trascorrevano più questa consuetudine prima spagnola e poi napoletana diventava via via meno sfarzosa e sempre più solenne. Durante tutto il regno di Ferdinando II ( 1830 – 1859 ) lo struscio assunse, infatti, dimensioni più modeste eppure la celebrazione riuscì a conservare quel tocco di sacralità che la rendeva importante agli occhi dei partenopei tanto da non riuscire assolutamente a rinunciarvi. Quando però i Borbone scomparvero, la dinastia si trascinò dietro anche la tradizionale passeggiata lasciandone traccia della precedente esistenza solo nel rito dello struscio. Dal loro regno in poi, infatti, si soleva fare una certa distinzione tra lo struscio del Giovedì Santo e quello del Venerdì Santo. La prima ricorrenza era di fatto riservata anche agli abitanti dei quartieri popolari che si riversavano a frotte lungo via Toledo portando quella nota di allegria, a tratti esagerata, tipica del ‘popolino’.
Mentre la giornata del venerdì era ad uso e consumo esclusivo della Napoli bene, della più raffinata rappresentanza della città. Insomma della nobiltà autentica. Si diffuse anche la strana usanza da parte degli aitanti e impettiti napoletani di deporre, almeno per un giorno, la bombetta o, che dir si voglia, il cilindro per indossare la paglietta, un cappello estivo di manifattura fiorentina che all’occorrenza cioè al passaggio di una procace donna veniva tolto per onorare la sua bellezza. Lo strusciò diventò infatti un’occasione per le ‘mammà partenopee’ di mettere in mostra le proprie figliole in età da marito agghindandole con quello sfarzo che un tempo Ferdinando IV aveva aborrito. Via Toledo, la strada più antica di Napoli, divenne così un salotto dove le donne mostravano tutta la loro maestria nello strusciare i loro delicati piedini sul lastricato nella speranza di accalappiare l’uomo della loro vita.
