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Alfredo Romeo, il re degli appalti “beffato” da un virus. Indagati eccellenti: ecco tutti i nomi

E’ stato arrestato nel giorno del suo 64esimo compleanno Alfredo Romeo, imprenditore nato a Cesa (Caserta) ma napoletano d’adozione, residente in un lussuoso palazzo di Posillipo finito negli scorsi anni nel mirino dell’antiabusivismo. Re degli appalti (dalle gestioni degli immobili alle pulizie in uffici giudiziari ed ospedale) a Napoli e anche in diverse altre città italiane, Romeo è finito in carcere per la terza volta dopo gli arresti negli anni ’90 nello scandalo tangentopoli (“I politici erano come le cavallette”) e nel 2008 in seguito all’inchiesta ‘Global Service’, l’appalto da 400 milioni di euro per riparare le buche stradali e rinnovare l’arredo urbano a Napoli. Appalto mai aggiudicato con la vicenda che si concluse con l’assoluzione degli assessori coinvolti e dello stesso Romeo.



L’ARRESTO – 
All’alba del 1 marzo i militari del Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, del Comando Provinciale Carabinieri di Napoli e del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno notificato all’imprenditore un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Roma al termine delle indagini partite a Napoli ma proseguite, per competenza, dalla Procura capitolina, in relazione ad un episodio di corruzione di un dirigente della Consip (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici), Marco Gasparri.

Secondo l’accusa l’imprenditore campano avrebbe versato a Gasparri, negli scorsi anni (dal 2013 al 2016), con cadenza mensile una somma pari a circa 100mila euro per avere notizie su diverse gare pubbliche. Nel blitz di oggi, Gasparri non è stato arrestato perché ha collaborato alle indagini, raccontando dettagliatamente come funzionava il “sistema Romeo“. Nei confronti di Alfredo Romeo è stato anche disposto il sequestro patrimoniale di 100 mila euro, ritenuto dagli investigatori il provento della corruzione di un dirigente della Consip.

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INDAGATI ECCELLENTI – All’alba i carabinieri hanno eseguito diverse perquisizioni nelle abitazioni di altri indagati. I militari hanno fatto visita all’ex parlamentare di An e del Pdl Italo Bocchino, consulente di Alfredo Romeo, e all’imprenditore farmaceutico toscano Carlo Russo, legato alla famiglia Renzi. Entrambi sono indagati per il reato di traffico di influenze, che mira a colpire anche il mediatore di un accordo corruttivo al fine di prevenire la corruzione stessa. Secondo l’accusa, si occupavano degli affari del gruppo Romeo: dalla Consip a Grandi Stazioni, dall’Inps a un investimento immobiliare in Salento.
Nella stessa inchiesta sono state iscritti nel registro degli indagati, per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento, il ministro dello Sport Luca Lotti, il generale Tullio Del Sette (comandante dei carabinieri) e il generale Emanuele Saltalamacchia (comandante dei carabinieri della Toscana).


Indagato anche Tiziano Renzi (padre dell’ex premier Matteo) per il reato di traffico di influenze. Avvisi di garanzia anche a per l’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro e per Nicola Lo Castro, direttore amministrativo del Secondo Policlinico. Questi ultimi sono accusati in relazione ad una intercettazione legata a un appalto mai bandito al Secondo Policlinico.

L’INCHIESTA NASCE A NAPOLI – L’inchiesta della Procura di Roma è scaturita da un altro filone condotto dalla Procura di Napoli sulle presunte irregolarità nell’assegnazione di alcuni appalti. L’indagine, condotta dai pm della Direzione Distrettuale Antimafia, John Woodcock e Celeste Carrano, nasce dal presunto collegamento alla criminalità organizzata di alcuni dipendenti della ditta di pulizia, che fa capo al gruppo Romeo, e che ottenne l’appalto per svolgere il servizio all’ospedale Cardarelli di Napoli e su altri appalti a Napoli. Gli sviluppi più importanti dell’indagine sono collegati alle intercettazioni telefoniche ed ambientali ed altre attività, come sequestri e perquisizioni (a Roma furono trovati dei pizzini in una discarica dove, secondo l’accusa, Romeo avrebbe annotato importo e destinatari delle mazzette) che hanno portato all’apertura del filone sugli appalti della Consip, la centrale di spesa della pubblica amministrazione. Questo ha comportato una trasmissione, per competenza territoriale, di buona parte degli atti, alla Procura di Roma che sta operando in stretto contatto con i colleghi della Procura partenopea.

ROMEO ‘BEFFATO’ DA UN VIRUS – Lo scenario si è ampliato, anche grazie all’uso del trojan, un virus spia che ha consentito di raccogliere ore di conversazioni tra l’imprenditore Romeo e i suoi più stretti collaboratori. Riferimenti, poi, al sospetto di fatture gonfiate, sempre e comunque per ricavare riserve economiche da spendere per le mazzette.

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