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Palazzo Cirillo dai fasti passati alla morte per impiccagione di Domenico

Al n.4 di Via Fossi a Pontenuovo si trova Palazzo Cirillo, abitazione di proprietà dei Cirillo a partire dal 1500. La prestigiosa casata napoletana non deve la sua fama esclusivamente alla diceria secondo cui il loro ceppo deriva direttamente da San Cirillo, patriarca di Alessandria. I Cirillo se la sono invece guadagnata nel tempo grazie ad una profonda passione per la cultura, che ha portato molti dei membri di questa famiglia a diventare autorità nei rispettivi campi del sapere, ed uno di loro a diventare un eroe.

Nel 1500 abita a Palazzo Cirillo Bernardino, letterato ed ecclesiastico. Nel 1600 Francesco, originario di Grumo Nevano, musicista. A cavallo tra 1600 e 1700, Niccolò, primario presso l’Ospedale degli Incurabili, nonché uno dei primi ad allestire un Orto Botanico a Napoli, basato sul sistema di Tournefort, antesignano del metodo Linneo. Altro possessore di Palazzo Cirillo fu Santolo, pittore con la passione per la botanica. Poi venne Giuseppe, giurista e letterato.

Innocenzo Maria era un medico, zio di Niccolò, ma se viene ricordato è in quanto padre di Domenico Cirillo, un bambino nato nel 1739 e destinato alla grandezza. Avviato alle scienze mediche dalla stessa aria che si respirava in famiglia, Domenico trascorre l’infanzia a giocherellare con le piante custodite nell’orto dallo zio Santolo, che proseguiva l’opera di catalogazione cominciata da Niccolò.

A soli otto anni fu mandato a studiare a Napoli, forte dei mezzi acquisiti anche in ordine al disegno e alla pittura (grazie ancora una volta a zio Santolo). A sedici anni si laureò in Medicina, ma affrontò con interesse e profitto gli studi in botanica, cominciando anche ad elaborare teoria proprie. Quando il professore di botanica venne a mancare, nell’Università si scatenò la bagarre per la successione. La spuntò, e venne immediatamente accusato di essere un raccomandato dal suo diretto concorrente. Beghe dei tempi nostri.

Domenico Cirillo quel posto lo meritava eccome. Il suo interesse per la scienza lo portò a non sposarsi, per non avere vincoli di tempo e distrazioni, e non appena intravide uno spiraglio per abbandonare la cattedra di botanica, lo fece immediatamente, per ambire ad altri obiettivi più prestigiosi. Dopo quella cattedra venne infatti la docenza di Medicina Teorica, e poi quella di Medicina Pratica, la più importante. Professore di Fisiologia ed Ostetricia, medico all’Ospedale degli Incurabili.

Domenico Cirillo sembrava non volersi fermare più. La sua fama di medico valicò ogni confine, e lo portò ad essere il medico di fiducia non solo degli aristocratici, ma anche dei regnanti. La sua non era semplice ambizione. Domenico veniva letteralmente consumato dal fuoco del sapere, perchè ne aveva bisogno. Lo esigeva il suo scopo finale: aiutare l’umanità come meglio gli riusciva.

In questo decisive risultavano le sue letture ed i suoi contatti con autori illuministi, permeate peraltro da un carattere tendente alla romanticheria. Un amante dei sogni, insomma, convinto assertore però della scienza come veicolo per realizzarli. E della scienza univa due strade, solitamente considerate ben distinte: la scienza medica e la scienza botanica. Domenico Cirillo studiava invece il loro legame, viaggiando in Italia e all’estero.

Le sue occupazioni di medico e studioso subirono un coercitivo ridimensionamento quando nel 1799 il generale Championnet cominciò a scegliere eccellenze napoletane che avrebbero potuto risultare utili alla causa francese: formare un governo repubblicano a Napoli. Domenico Cirillo fu considerato molto più che papabile. Lui tentò ripetutamente di declinare il “gentile” invito, ma infine cedette, prendendo parte alla commissione legislativa.

Quando la repubblica napoletana esaurì il suo breve ciclo vitale, i suoi rappresentanti tentarono la fuga in nave verso la Francia, ma furono prontamente bloccati nel Golfo dalla flotta del generale Nelson. I traditori dei Borboni furono imprigionati a Castel Sant’Elmo, e subirono il terzo grado da parte di Vincenzo Speciale, un magistrato palermitano con la fama del boia. Sentenziò oltre cento condanne a morte.

Ma Domenico Cirillo poteva contare su un asso nella manica: la sua reputazione. Da più parti gli consigliarono di chiedere la grazia, perchè l’avrebbe certamente ottenuta. Il che richiedeva un semplice mea culpa. Domenico, però, di colpe non riteneva averne, e non intendeva chiedere scusa per colpe che non riconosceva tali.

Rifiutò quindi di chiedere la grazia. Rifiutò di parlare di come andarono effettivamente le cose, del suo entrare nel governo solo dopo molte richieste, nell’ambito del rimpasto di un governo che s’era già formato senza di lui, del fatto che accettò solo su minaccia, e lo fece col segreto intento di utilizzare la sua nuova posizione politica a scopi esclusivamente umanitari (cosa che in effetti accadde). Non rispose con queste repliche a chi lo accusava.

La sua autorevolezza morale e l’autorità professionale che gli era riconosciuta in Italia e all’estero, sovrastarono la scena in Tribunale, ma non gli valsero affatto la salvezza. Anzi. Certificarono la condanna a morte come una firma leggibile e volontaria. L’orgoglio e la coscienza del proprio operato portarono Domenico Cirillo alla condanna a morte per impiccagione, sentenza applicata in data 29 Ottobre 1799.

Non appena la sentenza di morte fu pronunciata, una folla di balordi assaltò Palazzo Cirillo, derubando, saccheggiando, distruggendo il grande lavoro di collezione botanica portato avanti da due generazioni, bruciando la biblioteca e le carte personali di Domenico Cirillo, che comprendevano scritti inediti, appunti utili di natura pratica circa la sua professione.

Palazzo Cirillo resistette comunque a tutto questo. Da fuori si presenta oggi come allora con un piano terra, e due piani superiori. Lo splendido arco ricavato dal portale in piperno, introduce ad un atrio interno sul cui soffitto è ancora impresso lo stemma dei Cirillo, con la tradizionale testuggine ed il motto di famiglia “la casa propria è la migliore”. Dall’atrio si accede al cortile attraverso un portone di legno.

Dal cortile si può risalire verso i piani superiori attraverso splendide scale puntellate di statue, oppure accedere al giardino, utilizzato in passato per ospitare la cospicua collezione botanica iniziata da Niccolò Cirillo. Il resto è in mano all’oblio. Molte ornamentazioni di questo palazzo, ma soprattutto l’inestimabile biblioteca, le carte private di Domenico. Tutto, inesorabilmente perso, a causa della furia insensata di una folla che aveva già ottenuto “giustizia”.