Napoli. La scorsa notte in un maxi blitz i militari hanno eseguito 88 ordinanze cautelari tutte riconducibili al clan Puccinelli operante nella zona del Rione Traiano. Un mercato della droga 24 ore su 24 dotato di oltre 11 piazze di spaccio, un giro d’affari di oltre un milione di euro. Ben 12 donne coinvolte negli arresti, il loro ruolo è infatti fondamentale nell’organizzazione camorristica.
Sono le mamme-camorra, donne che perdono il marito perché finisce in galera o morto ammazzato e che prendono le redini della gestione economica della famiglia. Sono mamme e in quanto tali impartiscono l’educazione ai propri figli solo che in questo caso le “istruzioni per la vita” sono ben diverse da quelle date ai bambini nati in altri quartieri di Napoli. A mancare è la figura paterna e questo alimenta non solo il nuovo ruolo della madre, ma anche il futuro del figlio e il suo odio nei confronti dello Stato (che diventa nemico in quanto ha portato via il papà).
Il ruolo della madre è quello di guida solo che in questo caso piuttosto che indirizzare il figlio all’istruzione o a trovare un buon lavoro, la prole viene istruita a battersi in una vita non facile e a delinquere, a spacciare. Certo questo non accade solo nel Rione Traiano, ad esempio nel Rione Conocal di Ponticelli dopo il maxi blitz messo a segno lo scorso giugno, si verificò una situazione simile a quella del Rione Traiano. Le mamme organizzano le piazze di spaccio e i figli, privati del diritto all’infanzia, invece di correre dietro ad un pallone o di studiare le tabelline, diventano dei piccoli spacciatori. E’ la dura legge della camorra: se nasci in una famiglia di spacciatori il tuo futuro non lo scegli.
LE COLPE DELLO STATO – Le colpe di questa triste situazione sono da ricercare soprattutto nell’assenza di lavoro per le classi marginali. Secondo quanto dichiarò il dottor Paolo Miggiano, scrittore, ex poliziotto e coordinatore delle attività della Fondazione Pol.i.s. per le vittime innocenti della criminalità e i beni confiscati alle mafie, alla rivista Elle: “Napoli era una delle zone più industrializzate di Italia. Ora, a parte piccoli casi, non ci sono più le attività che c’erano negli Anni ’70 e che in qualche maniera inglobavano le classi marginali della città. Anzi, queste vengono sempre più escluse, allontanate. Mi riferisco proprio dal punto di vista della dislocazione architettonica: le abbiamo spostate dal centro alla periferia. Il problema è che anche alcune zone centrali hanno subìto la stessa sorte. Come Forcella, o Sanità. Camminando per alcuni vicoli, a volte sembra di stare nel Medioevo, sia per l’aspetto dei palazzi, sia per ciò che si muove intorno. Non c’è risanamento architettonico, economico, culturale. E chi prende il posto? I gruppi criminali, che hanno vita facile. Si eliminano tra di loro e spesso uccidono persone che non c’entrano nulla: in Campania ci sono 350 morti ammazzati innocenti, 25 bambini. Una situazione da guerra“. E come in una qualsiasi situazione di guerra ci sono dei soldati e spesso questi sono proprio i ragazzini educati per delinquere.