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I modelli elettorali possibili, considerati dal Parlamento, in vista delle elezioni 

La Consulta ha emesso la sua sentenza, dell’Italicum verrà mantenuto il premio di maggioranza e aboliti il ballottaggio e i capilista bloccati. In pratica, considerando che la legge elettorale voluta dall’ex premier Matteo Renzi era valida solo per la Camera, in Italia attualmente vige un sistema elettorale proporzionale ma diverso per i due rami del Parlamento. Infatti, mentre a Montecitorio vige il cosiddetto “mezzo Italicum“, in cui la lista o coalizione che supera la soglia del 40% ottiene il premio di maggioranza, a Palazzo Madama c’è un proporzionale con sbarramento, il cosiddetto “consultellum“.

Visto l’attuale contesto politico, è difficile che un solo partito o coalizione superi il 40% dei voti a Montecitorio, e di conseguenza ottenga il premio di maggioranza. Di conseguenza, con le elezioni alle porte, c’è il rischio di potersi trovare di fronte ad una situazione di ingovernabilità. Il sistema partitico italiano è ormai tripolare: da una parte il Partito Democratico, dall’altra il centrodestra, in mezzo il Movimento5Stelle. Mentre a sinistra i partiti più estremi non hanno un determinante peso elettorale, e quindi il PD potrebbe non avere interesse a formare una coalizione, nel centrodestra lo scenario è differente. Infatti Forza Italia dovrebbe concorrere con Lega Nord e Fratelli d’Italia. Paradossalmente questo polo che è il più frammentato, se riuscisse a coinvolgere anche l’NCD di Angelino Alfano, secondo gli ultimi sondaggi potrebbe avvicinarsi al famoso 40%.

I modelli elettorali possibili, considerati dal Parlamento, in vista delle elezioni 

PROPORZIONALE – Un sistema elettorale proporzionale ha l’obiettivo di esprimere le proporzioni delle diverse parti dell’elettorato. La forte rappresentatività potrebbe creare però una frammentazione dello scenario politico che minerebbe la governabilità. Per evitare questo, i sistemi proporzionali prevedono solitamente delle soglie di sbarramento.

MAGGIORITARIO – E’ un sistema che premia solo un partito o coalizione che ottiene il maggior numero di voti. In un contesto maggioritario chi ottiene il maggior numero di voti in collegi uninominali elegge i propri candidati. In questo modo le liste piccole, se non si apparentano, rischiano di restare fuori dal Parlamento. Il modello maggioritario è proprio dei paesi anglosassoni e garantisce, solitamente, una bipolarizzazione dello scenario politico e una stabilità di governo.

MATTARELLUM – In Italia è sempre stato difficile puntare ad un duopolio partitico che abbia potuto sfidarsi in un sistema elettorale maggioritario. Per far coincidere le necessità di una buona rappresentanza con il territorio (rispetto ai diversi partiti esistenti), con una forte governabilità, nel 1993 fu approvato il Mattarellum. Questa legge elettorale prende il nome dall’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ne fu ideatore dopo che i cittadini italiani, nel referendum del 18 aprile 1993, bocciarono il sistema proporzionale. Questo sistema è un misto tra proporzionale e maggioritario: per la Camera prevedeva che il 75% dei deputati (475 seggi) venisse eletto in collegi uninominali (tipici dei sistemi maggioritari) e il restante 25% (155 seggi) con un sistema proporzionale a cui accedevano solo le liste che avevano superato la soglia del 4%. Per quanto riguarda invece il Senato, cambiava in maniera radicale in modo in cui venivano assegnati i seggi nel proporzionale. L’assegnazione, infatti, avveniva su base regionale e non nazionale per rispettare quanto stabilito dall’art. 57 della Costituzione.

I modelli elettorali possibili, considerati dal Parlamento, in vista delle elezioni 

SISTEMA ELETTORALE SPAGNOLO – La Spagna è una monarchia costituzionale, in cui il Re ha un ruolo di garanzia (paragonabile al nostro Presidente della Repubblica), mentre nelle mani del primo ministro c’è il potere esecutivo. Il Senato è formato da 259 membri, 208 dei quali sono eletti direttamente dalle province: in ogni provincia i partiti indicano tre candidati e gli elettori votano sulla scheda direttamente i nomi. Le province peninsulari eleggono 4 senatori (3 per il partito di maggioranza, 1 per il secondo), mentre le province insulari 2 o 3. Gli altri 58 senatori vengono eletti dalle comunità autonome ma indirettamente. Alla Camera vige un sistema proporzionale: 350 deputati con il Paese diviso in 52 circoscrizioni in cui l’elettore vota il partito. I seggi vengono poi allocati in maniera proporzionale in base ai voti. C’è una soglia di sbarramento al 3%, ma di fatto diventa molto più alta nelle circoscrizioni piccole, dove il basso numero di seggi assegnati fa sì che abbiano chance di entrare in Parlamento solo i partiti che superano il 20 o 30%, con ovvio vantaggio per le due formazioni maggiori o per i partiti con forte radicamento territoriale. Oltre alla soglia di sbarramento, un altro vantaggio per i partiti più grandi viene dato dal sistema di ripartizione dei seggi, che segue il cosiddetto Metodo D’Hondt. Con questo sistema, in ogni collegio i voti ottenuti da ciascun partito vengono divisi per numeri progressivi crescenti fino a coprire i seggi disponibili: a questo punto viene stilata una tabella da cui si selezionano i numeri più alti, che corrispondono ai deputati eletti per ciascun partito. Questo sistema, rispetto ad altri di ripartizione proporzionale, avvantaggia i grandi partiti e riduce la frammentazione.

IL SISTEMA ELETTORALE TEDESCO – Il sistema governativo tedesco si basa su due camere, il Bundestag (parlamento o “camera bassa”), eletto in modo diretto, e il Bundesrat (“camera alta”), eletta invece in modo indiretto ed espressione dei Land, l’equivalente delle nostre regioni, e che rappresenta quindi una camera federale. In sintesi, il sistema elettorale del Bundestag è un sistema elettorale proporzionale personalizzato con meccanismi di correzione. Se il proporzionale è calcolato su base nazionale, con uno sbarramento al 5%, la possibilità di voto del candidato determina un rapporto diretto tra elettore ed eletto.

IL SISTEMA ELETTORALE FRANCESE – La Francia è una repubblica presidenziale in cui il potere esecutivo è condiviso tra il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro. Tra i due solo il primo è eletto direttamente dal popolo e ha potere di nomina nei confronti del secondo. Il Capo dello Stato può sciogliere l’Assemblea Nazionale e il voto per il presidente e per il Parlamento è separato, quindi è possibile una coabitazione tra un presidente di un partito e una maggioranza di altro colore. Questa eventualità è diventata più rara dopo la riforma che ha eguagliato la durata dei mandati presidenziale e del Parlamento. Il Parlamento è composto da Senato e Assemblea Nazionale. Il primo è eletto indirettamente a livello locale, e viene rinnovato ogni 3 anni per metà. L’Assemblea Nazionale ha invece un sistema di voto diretto maggioritario a doppio turno: vi sono 577 seggi in palio, corrispondenti ad altrettanti collegi uninominali. Viene eletto al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta purché i voti conseguiti siano pari ad almeno un quarto degli elettori iscritti nelle liste del collegio. In mancanza di questo, vanno al ballottaggio i candidati che abbiano conseguito al primo turno almeno il 12,5% del totale degli iscritti al collegio elettorale. L’elezione del presidente della Repubblica avviene,con voto diretto per il candidato con possibilità di ballottaggio se nessuno ottiene la maggioranza al primo turno. Il presidente nomina il primo ministro, che non ha bisogno della fiducia iniziale dell’Assemblea anche se può essere sfiduciato successivamente. Come tutti i sistemi maggioritari, anche quello francese ha consentito un netto bipolarismo ma non perfetto come quello anglosassone. Negli ultimi anni, il Fronte Nazionale di Le Pen sta mettendo in crisi questo equilibrio riuscendo ad arrivare al ballottaggio a discapito dei due principali partiti.