Da poco ho avuto notizia della morte di Vittorio Marmo, mio carissimo amico, oltre che collega di grande cultura e ingegno, fra i primi allievi della scuola di Alberto Varvaro, affermato professore di Filologia Romanza all’Università Orientale di Napoli.
Toccherà ad altri ricordarne, nella forma più appropriata, la figura di profondo e acuto studioso della filologia francese e ibero-romanza, e la sua opera nei campi della lessicografia e delle moderne letterature italiana e catalana [C. Di Girolamo].
Io intendo qui solo esprimere la mia grande ammirazione per l’Amico Vittorio, che ebbi il piacere di frequentare in alcuni momenti di dibattito unificante nell’Università, discorrendo con lui pur da un’apparente diversa sponda tecnica, ma ritrovando sempre l’unità del pensiero scientifico.
La frequentazione continuò con reciproco piacere anche in occasione di periodi di vacanza estiva che lui trascorreva quasi sempre a Licosa. Mantengo la bellissima memoria di quelle serate estive, degli accesi dibattiti sul senso da dare alle vacanze, in cui prevaleva sempre l’impegno verso una lettura, un’olimpiade o una rappresentazione teatrale da organizzarsi per i più piccoli.
Vittorio costituiva il fulcro di una riflessione mai banale, feconda di interessi nuovi, e talvolta brusca e tagliente verso il conformismo, ma sempre rivolta a sviluppare l’approfondimento e la critica costruttiva.
Purtroppo non potremo più godere del suo lucido ingegno, da sempre di grande esempio e orientamento per le giovani generazioni.
Luciano Nunziante