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Marco D’Amore, dalla passione per il teatro a Gomorra

Marco D’Amore, conosciuto da tutti come il perfido Ciro Di Marzio della serie televisiva Gomorra, si è raccontato in un’intervista al quotidiano La Repubblica. Napoletano di origini, vive a Caserta da quando aveva sette anni, dove i suoi genitori si trasferirono per lavoro.

Marco D'Amore, dalla passione per il teatro a Gomorra

In Gomorra siamo abituati a vederlo nei panni di uno spietato boss. Marco D’Amore, però, ha raccontato che lui è molto diverso dal personaggio di Ciro. In realtà è un giovane ragazzo che ha da sempre la passione per il teatro. Anche quando si iscrisse a Lettere e Filosofia all’Università degli Studi di Napoli Federico II, era interessato solo ai corsi di teatro. Inizialmente il pubblico lo vedeva solo nei panni di Ciro, con il tempo però ha cominciato a interessarsi anche a Marco:

“Io registro un’escalation tra la prima e la seconda stagione. Dopo la prima, per tutti ero Ciro, il boss. Ora il pubblico sa che sono Marco. Mi prefiggo mete di credibilità. Vorrei tracciare un solco di qualità. E studiare ancora”.

Marco D’Amore continua a essere il ragazzo di sempre, il successo non ha cambiato la sua vita. Ha spiegato che ha il suo giro di amici e che la vita mondana gli interessa poco:

“Sono un uomo normale e non ho subito la vanità del mestiere. Non mi appartiene poiché ho i miei amici, i miei giri. Il lavoro mi eccita ad altissimi livelli ma resto casalingo. Ripenso costantemente alla vita da nomade che facevo un tempo”.

Sul set di Gomorra ha avuto occasione di incontrare moltissimi amici. Tra una pausa e l’altra dalle riprese, c’era il tempo per conoscersi e anche per scherzare. Come dimenticare la simpatica foto con Salvatore Esposito, scattata proprio dietro le quinte della serie televisiva.

Marco D’Amore oggi continua a vivere a Caserta, nell’intervista ha raccontato che a Napoli può venirci solo di notte. Ironizzando, ha detto di essere come Maradona, che non poteva girare per strada a causa dell’affetto dei napoletani:

“So che per Napoli sento il mal d’Africa. Sono figlio di napoletani Angela, insegnante di Lettere e Filosofia, e Giuseppe, fisioterapista, devoto a Marcello Mastroianni, emigrati nel casertano per lavoro quando avevo sette anni. Io posso venire a Napoli solo di notte, come faceva Maradona. Troppo affetto, ormai mi conoscono in tantissimi. Uno dei miei rifugi è la Cappella Sansevero, amo la Sanità e la Stella”.