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Rinasce il forno dove fu cotta la prima pizza margherita a Napoli

Avete mai visto il forno dove fu cotta la prima pizza margherita a Napoli? Come riporta il Corriere del mezzogiorno, il direttore del museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger, ha provveduto al restauro dell’opera che verrà esposta al Real Bosco e messa a disposizione di curiosi e turisti.

Molte persone conoscono la storia della pizza Margherita, ma pochissimi conoscono le origini del forno in cui fu cotta. Fino al ‘700 la pizza, ovviamente priva di condimenti, era consumata solo dalla plebe perché considerata cibo per poveri. Ferdinando I di Borbone, noto a tutti per la sua ingordigia, arrivò in città e non perse occasione per fare il giro delle osterie e provare la cucina locale, così conobbe la pizza. Il re lazzarone provò a portare la pizza a corte, ma non vi riuscì finché, testardo com’era, decise di farla conoscere alla regina Maria Carolina, ma non potendo condurla in giro per locali, fece costruire il forno a Capodimonte e chiamò il migliore pizzaiolo della città per prepararla.

La storia è stata raccontata da Salvatore di Giacomo nel libro “Ferdinando e il suo ultimo amore” che raccolse la testimonianza di Domenico Testa, figlio di ‘Ntuono:

Stando Ferdinando a villeggiare a Capodimonte, fu chiamato in corte, non senza sua grande meraviglia. La persona che lo chiamò gli disse che la regina e le sue dame desideravano tanto di mangiare delle pizze: che le facesse nella sera seguente e comuni e volgari come quelle che voleva vendere a due grana l’una. Il forno fu fabbricato – continua di Giacomo – nello stesso bosco di Capodimonte: le pizze furono preparate e le si mise al forno mezz’ora dopo la mezzanotte. Dopo due o tre minuti eccoti lì, con quattro o cinque dame di Corte, la regina: arrivano poco dopo altre dame velate e in tutto don Domenico ne conta venti. La regina mangia con buon appetito una pizza da due grana, le dame la imitano ridendo, i domestici servono vino bianco e arance, ricomincia il ballo in Palazzo e la visione scompare. Resta accanto a don Domenico un bel signore bruno e alto, che gli domanda sottovoce: – Che impiego vorreste? Don Domenico era vanitosetto: preferì d’avere un’onorificenza e rispose al signore misterioso: – Vorrei chiamarmi munzù!“.