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Omicidio Gianluca Cimminiello: al processo il Comune è parte civile

Il Comune di Napoli, su proposta di Luigi de Magistris, si dichiara parte civile al processo sugli assassini di Gianluca Cimminiello, il tatuatore di Lavezzi ucciso il 2 febbraio 2010 a Casavatore. C’è un cambiamento in Cassazione per Vincenzo Russo, l’uomo era stato condannato in primo grado e in appello, ma sulla base di alcune intercettazioni sarebbe ora possibile la sua scarcerazione.

Omicidio Gianluca Cimminiello: il tatuatore di Lavezzi ammazzato per una foto

LA VICENDA. Gianluca Cimminiello, 31 anni, aveva pubblicato su Facebook una foto con Lavezzi in cui, attraverso un fotomontaggio, sembrava che il Pocho avesse fatto davvero nello studio del ragazzo, lo “Zandark Tattoo“, la foto. Questo espediente fece accrescere la pubblicità del piccolo laboratorio sulla circumvallazione esterna di Casavatore e indispettire Vincenzo Donniacuo, un tatuatore di Melito. Donniacuo contattò il giovane tatuatore mandandogli messaggi minacciosi, tra cui una mail con scritto “sabato passo al tuo negozio“, dopo le risposte di indifferenza con cui era stato trattato. Il tatuatore di Melito però non ci stava a questo trattamento e contattò il clan della zona per “punire lo sgarro”.

L’OMICIDIO GIANLUCA CIMMINIELLO. Qualche giorno prima dell’omicidio, avvenuto il 2 febbraio, Cimminiello litigò con tre persone, che si erano recate nel suo negozio, mettendole in fuga. Pochi giorni dopo Gianluca venne colto sulla porta dello “Zandark tatoo” e sparato. Vari colpi ferirono la spalla e il torace e poi il killer si avvicinò per assicurarsi con altri due colpi di averlo ammazzato.

IL PROCESSO. L’omicidio del giovane 31enne fu deciso a Milano, nell’appartamento del boss Arcangelo Abete, 46 anni, agli arresti domiciliari. Oltre a lui, ordini di arresti sono scattati anche nei confronti di Raffaele Aprea, 33 anni, organizzatore ed esecutore materiale del delitto, e Vincenzo Russo, 36 anni, arrestato per associazione camorristica.  Dagli ultimi risvolti sulle intercettazioni  però sarebbe possibile una sua scarcerazione.

Una semplice foto, tra l’altro montata e quindi non veritiera, è bastata per una condanna a morte al giovane tatuatore di Casavatore. È assurdo che ciò possa accadere, ma nelle logiche camorristiche che logorano soprattutto la periferia Nord di Napoli può accadere anche questo.