La mela annurca campana è un frutto tipico della nostra regione. Una varietà di mela che cresce solo qui e che secondo noi surclassa per bontà le più blasonate mele del trentino. La maggior parte della produzione del tondo frutto rosso arriva dalla zona flegrea, dall’aversano e da alcuni paesi della provincia di Caserta e Benevento (in particolar modo dalla Valle di Maddaloni, Sant’Agata dei Goti, Melizzano e Dugenta). Questi paradisi agricoli fuori dal caos della città accolgono dunque la regina delle mele campane.
La mela annurca ha storia antichissima: alcuni dipinti rinvenuti nella Casa dei Cervi degli scavi archeologici di Ercolano mostrano che il frutto era già gustato in epoca romana. Plinio il Vecchio la descrive come mala orcula, poiché prodotta nella zona di Pozzuoli, nei pressi dell’ Orco (ovvero gli inferi; è infatti noto che la sede dell’ade per i romani si trovasse sul fondo del lago d’Averno in zona flegrea). La produzione della mela annurca si è poi spostata nel tempo all’interno dell’entroterra campano.
La sua raccolta è qualcosa di incredibilmente complicato. Il frutto infatti non matura sull’albero. Viene colto ancora acerbo e poi posto a terra a maturare nei melai. Chiunque, nel periodo che va da ottobre a dicembre (tempo di raccolta della mela), camminando con l’auto per le strade di provincia avrà sicuramente notato queste immense distese di mele annurche che troneggiano sui cigli delle strade. Durante il periodo natalizio le mele mature vengono quindi raccolte e possono trasferirsi sulle tavole dei napoletani desiderosi di farne incetta.
Mela annurca: il frutto della Campania dalle origini antichissime
L’aspetto della mela annurca è molto particolare: un frutto tondo, leggermente schiacciato e piccolo (al massimo 100 gr di peso), di colore rosso vivo sporcato da piccole venature gialle e grigiastre. La polpa è bianca e croccante ed il gusto è qualcosa di sorprendente: aspro, ma che avvolge il palato con note dolci e piacevoli. Data la dimensione contenuta non si può fare a meno di mangiarne almeno 2 o 3 come fine pasto o come spuntino goloso.
La mela annurca ha avuto parecchi estimatori famosi che ne hanno decantato i pregi. Il più noto è forse il nostro amato Eduardo De Filippo che nella sua celebre commedia “De Pretore Vincenzo” narrò le immense distese di mele del paese di Malizzano (in provincia di Benevento). Nello spettacolo teatrale Eduardo ci dice tramite il protagonista: “Melizzano sta a cinque chilometri da Napoli, prima di Aversa. Non è un paese ricco, anzi è poverissimo. Le sue risorse cominciano all’inizio dell’inverno, quando escono le mele. Tu vedi una processione di carretti carichi di mele rosse che mandano un profumo per tutta la campagna: quelle di prima scelta vengono a Napoli, e da Napoli se ne vanno per il mondo, e quelle piccole, bacate, restano in paese, per la gioia dei porci, e per sfamare noi. Ma tante mele! Tu le vedi a ceste, a cumuli, a cataste, casa per casa, bottega per bottega, tutte mele, mele, mele, mele“.
Non tutti sanno che la mela annurca ha rischiato di estinguersi nei decenni dopo la seconda guerra mondiale. Consumatissima prima del periodo bellico, durante gli anni 60 fu gradualmente sostituita dalle mele di origine statunitense, più grandi e belle da vedere. Da circa 20 anni è arrivata, però, la rivincita: le campagne hanno iniziato a riempirsi di nuovo dello splendido frutto e oggi possiamo goderci per tutto il periodo che va da metà autunno a metà primavera la regina dei fine pasto partenopei: la mela annurca.
Non ci resta che concludere mutando il famoso detto italiano: ‘na mela annurca ‘o juorno lev o mierec ‘a tuorn! Mangiatene in quantità industriali. Questo frutto non stanca mai.
