Molti forestieri, che sono stati almeno una volta nella vita a Napoli, avranno sentito uscire dalla bocca dei partenopei frasi che talvolta non riuscivano a spiegarsi. Ebbene, i modi di dire napoletani sono tanti e, molto spesso, hanno alle loro spalle una storia ed una logica ben precisa che non molti conoscono, dato che si tratta di detti appartenenti alla tradizione antica che non sono mai stati abbandonati del tutto. Alcuni termini poi, sono addirittura intraducibili. Un esempio? Cuoncio cuoncio si usa spesso per indicare qualcuno che procede ‘piano piano’ ma non c’è una traduzione letteraria dell’espressione stessa. Questa e tante altre fanno parte dei modi di dire napoletani più diffusi tra il popolo partenopeo: scopriamo quali sono gli altri.
Chi non ha mai sentito dire ‘Gesù Cristo rà o ppane a chi nun tene e rient’ che tradotto significa ‘Gesu da il pane a chi non ha i denti’, espressione utilizzata per esprimere insoddisfazione verso una situazione in cui si è impossibilitati a far qualcosa perché privi dei mezzi necessari, al contrario invece degli altri. Tra i modi di dire napoletani più originali c’è anche ‘Vulè ò cocco ammunnato e bbuono’ e, cioè, ‘volere il cocco sbucciato e saporito’ per indicare coloro che voglio tutto bello e pronto a propria disposizione.
Modi di dire napoletani: ‘o guappo e cartone
‘O guappo e cartone non è altro che il pallone gonfiato, cioè colui che si da delle arie senza motivo. Altra frase emblematica è ‘perdere a Filippo e o panar’ che tradotto significa ‘perdere Filippo e la cesta’ ad indicare due possibilità tra le quali si è indecisi a rischio perderle entrambe per il troppo procrastinare. Tra i modi di dire in napoletano c’è anche ‘Jetta a pretella e nasconne a manella’ che vuol dire ‘butta la pietra e nasconde la mano’ indice di chi provoca e poi fa il finto tonto mentre, per finire, ecco la chicca migliore: ‘Pure e pullece teneno a tosse’, ‘anche le pulci hanno la tosse’, che simboleggia chi non vale nulla ma ama comunque darsi delle arie da capo.