Napoli, per storia, fantasia, creatività, ha tutto il Carnevale che si merita. I fasti del passato saranno forse ineguagliabili ancora per centinaia d’anni, ma la traccia di quel glorioso secolo di follia che va da metà 1600 a metà 1700 non si riverbera oggi come un ricordo sfocato. Le maschere nate in quell’epoca sono rimaste nel cuore del popolo napoletano, perchè dal cuore di Napoli sono nate, e di quel cuore generoso ed inesauribile si sono nutrite per secoli.
Il concetto del rovesciamento, dei giorni in cui tutto è possibile, l’apoteosi della speranza realizzata. Il popolo che interpreta la nobiltà, fingendo o realizzando soprusi di ogni tipo, la nobiltà che realizza il sogno proibito di abbandonare l’etichetta per darsi alla sguaiataggine della “plebaglia”. E tutti potevano contare su un variegato ventaglio di maschere, nate dalle pulsioni più profonde di una città in continuo bollore.
PULCINELLA
Abbiamo già parlato diffusamente in un altro articolo delle origini di Pulcinella, ma non si può nominare il carnevale e le maschere senza ricordare quel naso adunco, quegli zigomi sporgenti, quel cappello bianco che pende all’indietro. Il servo più scaltro della storia, della commedia, della leggenda. Sempre sul ciglio tra la vita e la morte, tra l’umanità e la diavoleria, schierato dalla parte del suo padrone e da quella di un popolo, quello napoletano, che ancora oggi lo venera.
ZEZA
Zeza sta per Lucrezia. Affonda le sue origini, come molte maschere napoletane, nella commedia del 1600, e può vantare l’ambito ruolo di moglie di Pulcinella. La prima commedia in cui compare Zeza vede il duo Pulcinella/Zeza contrapposti all’amore tra Vincenzella (la loro figlia) e Don Nicola, omonimo di un altro personaggio destinato a diventare maschera storica. Alla fine vincerà l’amore, ma non senza passare attraverso ogni sorta di oscenità e colpo di scena.
DON NICOLA
Immaginate un avvocato vestito in calzamaglia con una appariscente giacca settecentesca, scortato dal suo servo portaborse, mentre dà sfoggio della sua cultura improvvisando rime sugli argomenti più disparati ed orazioni funebri in onore della morte del Carnevale. State immaginando Don Nicola, una delle maschere che più spassosamente allietavano il Carnevale dei passanti. Certo, indossare i panni di Don Nicola, non era per tutti.
TARTAGLIA
Un avvocato di tutt’altro stampo è Tartaglia (conosciuto anche come servo astuto). Il suo vestito è verde a strisce gialle. Porta un collare bianco e occhiali verdi molto appariscenti, vista la sua proverbiale miopia. Altra caratteristica dell’avvocato o del servo Tartaglia è la balbuzie, che dà il nome al suo personaggio. Solitamente molto in carne, completamente glabro, senza un capello in testa, ha lo spessore psicologico di una parete.
SPAGNOLO / CAPITANO SPAGNOLO
Per un grande protagonista della scena, è sempre necessario un antagonista. L’antagonista, tra le maschere, per eccellenza, era il Capitano Spagnolo (detto anche solo Spagnolo), perchè si contrapponeva spesso ad un mostro sacro come Pulcinella. La sua scorta era costituita da falsi Pulcinella senza la maschera, che intonavano assordanti ritmi coi tamburi finché non si disponevano in cerchio per costringere il Capitano a frenetiche tarantelle.
VECCHIA ‘RO CARNEVALE
‘A Vecchia ‘ro Carnevale non è esattamente una maschera, è una metamaschera (una maschera di una maschera). E difatti si tratta di un vestito da Pulcinella che comprende anche il busto di una vecchia piegata in avanti, nell’atto di farsi “strapazzare”. Chi indossa questo costume dev’essere quindi in grado di coordinare due personaggi: Pulcinella, che suona le nacchere ed assesta potenti colpi di bacino, e la vecchia che con sguardo torvo e procace davanzale subisce questo trattamento irriguardoso.
MEDICO / CIARLATANO DEL MOLO
Veste verde lunghissima che oggi calzerebbe bene ad uno di quegli infermieri folli degli horror di quarto ordine, fasce d’argento su bavero e maniche, parruccone notarile con codini fuori contesto, gli attrezzi del mestiere in una cassetta di legno o cartone. Era il Medico, o il Ciarlatano del Molo, una maschera famosissima nella Napoli del 1800, nota anche per le dissertazioni insensate sugli ultimi ritrovati della medicina moderna.
SCARAMUCCIA
Esportato in Francia già a partire dal 1600, ma prodotto tipicamente napoletano, è Scaramuzza (Scaramouche la copia francese dall’incredibile successo). Scaramuccia, come venne chiamato dal 1700 in poi, dimostrando che il collega francese ebbe in fondo maggiore fortuna grazie a Moliere, era un Soldato Spagnolo vestito di nero, uno dei tanti che si gloriavano delle proprie doti. Nel caso di Scaramuzza la sua dote maggiore era la favella, di cui fa più abbondante uso che della spada.
CACCIAMOLE / CAVADENTI
Il dentista più autoreferenziale della storia dell’odontoiatria è nato a Napoli: il Cacciamole, o Cavadenti indossava cenci eleganti, ed inforcava occhialoni appariscenti. Si faceva trasportare dai suoi compari su una carrozza sgangherata, operando ad ogni angolo di strada qualcuno del suo corteo, facendogli spalancare la bocca, ed estraendo per finta molari ed incisivi con tenaglie da fabbro. Nella variante più macabra, estraeva l’intera mascella.
DON FELICE SCIOSCIAMMOCCA
Il confine tra maschera, personaggio, carattere, non è sempre ben definito. Una prova ce la fornisce Don Felice Sciosciammocca, che a partire da fine 800 fa la sua comparsa principalmente come antagonista di Pulcinella, per ragioni di stampo sociale: lui rappresentante della media borghesia, Pulcinella rappresentante del popolo. Cilindro, abiti a quadretti, papillon in grande evidenza, bastone simil-nobiliare, scarpe lustrate e parlata alla “Nennillo”: il ritratto del fortunato di nascita.
PASQUALOTTO / PASCALOTTO
Pascalotto rientra anch’egli nel novero delle maschere nate nel 19° secolo. Si distingueva per le doti atletiche e per la destrezza nel maneggiare un bastone, che faceva roteare in aria, riprendendolo al volo al momento della ricaduta. Altra caratteristica: era ermafrodito. Maschio di nome, ma truccato e vestito come una donna, peraltro procace. Attirava l’attenzione non solo per le sue peculiarità fisiche, ma anche grazie al tamburello che scandiva tutti i suoi spostamenti.
BARILOTTO
Avete mai sentito l’espressione: “Me pare Pascale Passaguai!”? Pasquale Barilotto altrimenti detto Pascale Passaguai, era un personaggio a cui accadeva davvero di tutto. L’emblema della sfortuna, produceva un effetto comico maggiore perchè si vestiva in maniera molto distinta: abito scuro, nello stile a cavallo tra il 1800 ed il 1900, bombetta, ed un bastone nobiliare dalla impugnatura appariscente.
PAGLIETTA CALABRESE
Paglietta Calabrese era una maschera nata per prendere in giro i calabresi che si trasferivano a Napoli per studiare Legge e diventare avvocati. E difatti Paglietta è un avvocato per niente sicuro dei propri mezzi, sempre in soggezione all’interno della città di Napoli, che vive da provinciale. Dovete immaginarlo mentre sfila in costume per le vie della città, col naso in su, verso la cima di palazzi e monumenti, e l’espressione colma di meraviglia, come non avesse mai visto nulla di simile.
GIANGURGOLO
Un concorso di molte prese in giro è Giangurgolo. Vestito come il Capitano Spagnolo, ma col cappello a tre punte tipico dei calabresi (si, ancora loro), con la parlata sbilenca di un calabrese che tenta di parlare in napoletano, con la maschera di Pulcinella, ma rossa, e soprattutto, un attributo inferiore mostruoso, con il quale insidia il pudore delle donzelle, vantandosene senza alcuna signorilità. Le sue rime erano le più sboccate dell’intero carnevale, e tra le più apprezzate.
ALTRI
E poi c’è una costellazione di maschere minori, che citiamo perchè hanno comunque raggiunto, chi più chi meno, la notorietà per le strade di Napoli. Il venditore del lotto (figura derivata dalla Smorfia), Razzullo e Sarchiapone (lo scrivano e il barbiere pazzo, spesso in coppia), Pancrazio (al fianco di Pulcinella in molte avventure), Pascariello (servo molto meno scaltro dei precedenti), e Columbrina (bellezza popolare ambitissima da molte maschere già citate).
