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Parco Verde di Caivano: una delle piazze di spaccio più grandi del Sud-Italia

A seguito del terremoto del 1980, che provocò la morte di circa 3.000 persone e lo sfollamento di almeno 280.000 tra Campania e la Basilicata centro-settentrionale, furono avviati i primi progetti a favore dei cittadini colpiti dalla catastrofe, per la costruzione di alloggi temporanei, mediante la norma 219 detta anche, legge “post-terremoto”. Così, il Parco Verde di Caivano prese forma, con una legge che stanziò 1500 miliardi di lire al di fuori del bilancio e che diede il via a una delle più grandi speculazioni edilizie che il Meridione ricordi. L’aggettivo “verde” che definisce il parco non indica un’ecosistema colorato ed ecologico, piuttosto una gradazione ormai sbiadita degli edifici che sorgono come tessere del domino, disposte l’una dopo l’altra. I grandi vialoni, di cui ormai nessuno ricorda più i nomi, fanno da sfondo agli ampi cortili che sono nascosti alle spalle dei palazzi, dove si svolgono attività di spaccio alla luce de sole. Le piazze dove si vende la droga, controllate dalle famiglie criminali della zona, sono 12. La droga è a prezzi concorrenziali e il territorio costantemente blindato.

Da Parco Verde non entra ed esce una mosca senza che nessuno se ne accorga. Tutto segue un’organizzazione ben precisa, capi piazza, sentinelle e vedette hanno i propri turni, gli spacciatori operano in maniera trasparente e veloce. Una sorte di trincea che rende questo luogo una vera e propria fortezza della malavita e della delinquenza. Parco Verde, nonostante il degrado e le condizioni precarie nella quale versa, si è trasformato in un rione residenziale permanente. Definita terra di illegalità, abbandonata a se stessa, è centro nevralgico di un mercato sempre più proficuo, dove prospera un grande giro di vendita di droga al dettaglio.

Cocaina, eroina e crack sono i “pezzi” più venduti e che fruttano un elevato giro di soldi. In merito a questo enorme commercio, periodicamente si riaccendono gli scontri tra le varie famiglie criminali, che vogliono contendersi il territorio. Lotte che preoccupano quella parte di residenti, lontana dallo spaccio di droga, costretta a rimanere barricata nelle proprie case. Sono pochissime le persone che riescono a condurre una vita normale, anche solo per il tempo necessario a stendere i vestiti o fumare una sigaretta. In alcuni palazzi i pusher sono nascosti dietro i portoni d’ingresso per controllare il raro via vai degli inquilini. Nei sottoscala degli edifici i tossicodipendenti, dopo aver acquistato la propria dose, si bucano controllati a vista da un altro pusher, che blocca temporaneamente l’accesso alle scale. Nessuno può salire o scendere prima che i “clienti” non abbiano finito di iniettarsi la droga nelle vene.Bruno Mazza, un passato nella malavita, per lungo tempo alle prese con lo spaccio e le rapine, è stato il braccio destro di un boss della zona fino ad arrivare alla gestione delle piazze. Oggi però, ha cambiato pelle e animo e si racconta tramite l’associazione di volontariato “Un’infanzia da vivere” da lui gestita. L’intento di Bruno e della sua organizzazione è riscattare il futuro di quei giovani ragazzi, che attratti dai soldi facili e dal potere, sono reclutati da questi gruppi criminali. “Qui, ogni giorno è sempre lo stesso, la gente si buca in qualsiasi momento della giornata con molta semplicità. Con circa 15 euro riesci a mettere insieme una dose di eroina che poi vai a iniettarti qua di fronte. In una sola mattina, nei pressi del campetto di calcio, alle sue spalle si trova una piazza di spaccio, solo lì, mi ritrovo a raccogliere circa 350 siringhe”.

L’omertà del Parco Verde si scontra con l’altra faccia del popolo napoletano, quella allegra e pronta ad aiutare il prossimo. Il silenzio, qui, è spesso l’unica via per garantirsi un’esistenza tranquilla e sicura, per quanto sia possibile definirla tale. Una terra abbandonata a se stessa, ignorata troppo spesso dalle istituzioni e dalle autorità. Sono pochissime le persone che parlano e, ancor meno, quelle che denunciano atti criminali e di dubbia onestà. Grazie a quelle poche persone come Bruno Mazza, è in programma la costruzione di strutture rivolte ai bisogni dei ragazzi come: orti sociali, campetti da calcio, da basket e da pallavolo e anche un piccolo anfiteatro per chi vuole dedicarsi all’arte della recitazione. L’obiettivo è quello di togliere quanti più ragazzini dalla strada e dare loro la possibilità di sperare in un futuro migliore, insegnandoli valori diversi da quelli appresi nell’ambiente in cui vivono.