"F1" è detenuto al 41 bis da 12 anni nel penitenziario milanese di Opera, continua a rifiutare contatto e colloqui con i familiari
Ha 45 anni, fu arrestato il 21 gennaio 2005 e condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione evitando in tutti questi anni diversi ergastoli.
Per Cosimo Di Lauro, primogenito del super boss Paolo, alias “Ciruzzo ‘o milionario“, lunedì 4 giugno si apre un nuovo processo che lo vede imputato in qualità di mandante di un omicidio che, stando alle ultime ricostruzioni dei pentiti, avrebbe dato il via alla prima faida di Scampia. Si tratta dell’omicidio di Mariano Nocera, avvenuto il 2 settembre 2004, un mese e mezzo prima il duplice omicidio Montanino-Salierno, due fedelissimi dei Di Lauro.
Cosimino, detenuto al 41 bis (carcere duro) da 12 anni nel penitenziario milanese di Opera, continua a rifiutare contatto e colloqui con i familiari. Domani non sarà collegato in videoconferenza nel processo in Corte di Assise a Napoli. “F1”, così come il super boss chiamava i suoi 10 figli, da anni rifiuta contatti con il mondo esterno. Per i giudici è una strategia che mira ad ottenere l’attenuazione del regime di carcere duro. Fingersi pazzo per ottenere minori restrizioni. Per i suoi avvocati, in primis il penalista Saverio Senese, potrebbe essere affetto da una grave patologia psichiatrica.
Lo scontro tra accusa e difesa sta andando avanti da tempo a suon di consulenze medico-specialistiche.
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Intanto domani parte un processo che lo vede imputato in qualità di mandante dell’omicidio di Nocera, un affiliato vicino al clan Abbinante, ammazzato perché a sua volta ammazzò un uomo senza chiedere il permesso alla famiglia Di Lauro, guidata in quel momento da Cosimo.
Mariano Nocera venne ucciso il 2 settembre 2004 a Napoli nel rione Monterosa di Scampia. Nella circostanza, ad operare fu un commando composto da più killer, di cui uno identificato in Claudio Salierno ucciso un mese e mezzo dopo (28 ottobre 2004) insieme a Fulvio Montanino, considerato il braccio destro di Cosimino. Un duplice omicidio che per gli investigatori segna l’inizio della cruenta faida. A incastrare Cosimo Di Lauro le dichiarazioni di più collaboratori di giustizia (in primis Giovanni Piana e Pasquale Riccio, affiliati al clan Abbinante, e Gennaro Notturno, elemento di spicco dell’omonimo clan). Le indagini sono state coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, fortemente impegnata a far luce su delitti che, seppur apparentemente datati, sono alla base di logiche criminali ancora attuali, e che ancor oggi incidono sugli equilibri ed i rapporti di forza tra clan.
Le indagini svolte dalla Sezione Antidroga della Squadra Mobile hanno permesso di far luce sia sull’omicidio di Nocera, nonché sui retroscena che determinarono il passaggio del gruppo criminale Abbinante dal clan Di Lauro al sodalizio degli Scissionisti, all’epoca capeggiato dal clan Amato-Pagano. Nel 2004, infatti, gli investigatori della Squadra Mobile, indagando su un traffico di stupefacenti, scoprirono che Nocera smerciava quantitativi di cocaina acquistati da esponenti del gruppo Abbinante, i cosiddetti maranesi, ad acquirenti-spacciatori che agivano tra Napoli e provincia. Uno di questi eraVincenzo Arciello, originario del rione Don Guanella ma trasferitosi poi in un’abitazione popolare del quartiere Ponticelli. Quest’ultimo, proprio grazie a Nocera, riusciva ad acquistare cocaina a credito, fornendo in garanzia assegni post-datati che lo stesso Nocera girava ai suoi fornitori.
Il mancato pagamento della cocaina e il versamento di assegni rubati o a vuoto, che i fornitori di Mariano Nocera tentarono di negoziare, determinarono la reazione violenta da parte di quest’ultimo che, la sera del 6 agosto 2004, uccise a colpi d’arma da fuoco, Vincenzo Arciello dopo averlo convocato telefonicamente presso il bar Zelinda. Arciello scese dalla sua Peugeot 206 griglia e venne accolto da Nocera con una pioggia di piombo. La decisione di ucciderlo era stata presa da Nocera e messa in atto senza alcuna preventiva “autorizzazione” da parte dei vertici dell’organizzazione. Così, temendo una ritorsione, si rivolse al suo amico Francesco Abbinante, chiedendogli d’intercedere con l’allora reggente del clan Di Lauro, ovvero Cosimo Di Lauro.
Francesco Abbinante, latitante in quel periodo e lontano da Napoli, chiese a uno dei suoi uomini più fidati, Giovanni Piana (attuale collaboratore di giustizia), di recarsi da Cosimino per chiarire la vicenda. Nella circostanza, Di Lauro pur fornendo garanzie per l’incolumità di Nocera il 2 settembre 2004 diede l’ordine di eliminarlo. Tra i componenti del gruppo armato per eliminare Nocera, composto da uomini fidatissimi del clan, faceva parte Claudio Salierno. I killer, tutti a volto scoperto, agirono indisturbati. Entrarono nel bar Zelinda e colpirono Nocera alla testa e al torace con una calibro 38, proprio per lanciare un chiaro ed inequivocabile messaggio: “nessuno poteva commettere omicidi senza essere autorizzato dal capo del clan Di Lauro”.
Analoga risposta fu data da Giovanni Piana, per ordine di Cosimo Di Lauro, a Francesco Abbinante, allorquando chiese spiegazioni circa la promessa non mantenuta. Tali retroscena sono stati pienamente confermati da Giovanni Piana nel corso del suo iter di collaborazione con la giustizia. Quella mancata promessa fatta a Francesco Abbinante, ebbe grande risonanza, tanto che segnerà la scissione di Abbinante e di tutti i suoi familiari detenuti dal gruppo Di Lauro per aderire alla nascente organizzazione nota come “Scissionisti”.

