Non esistono prove sulle origini della camorra, ma si sa che episodi di stampo camorristico si sono verificati fin dalle epoche più remote. Anche se non si è riusciti ad individuare un primordiale atto di nascita, è tra il 1820 e il 1860 che si sarebbe formata la camorra. Questa storia non riguarda solo la Campania e la nascita della “Bella Società Riformata” o “Società Onorata”, ma affonda le sue radici nella malavita organizzata spagnola. Secondo Marc Monnier, un sociologo vissuto negli anni significativi della camorra del passato: “Il termine camorra non è che una corruzione del vocabolo gamurra, indicante un vestiario grossolano simile alla chamarra degli spagnoli […] designa sempre una specie di abito cortissimo o di giacchetta“. Etimologicamente “camorra” è prima un’attività e poi un’organizzazione criminale, ovvero ‘prendersi la camorra’ vuol dire fare estorsione. La prima volta che il termine comparve in un atto pubblico fu nel 1735 legato al gioco d’azzardo. Sulla nascita di questo fenomeno esiste anche una leggenda che risale al 1820 quando Pasquale Capuozzo, che praticava l’estorsione, promosse una riunione segreta nella chiesa di Santa Caterina a Formello nel cuore di Napoli. In quella specifica occasione si dovevano decidere le regole per “fare camorra” e regolamentare un gruppo di delinquenti e cani sciolti così Capuozzo fu nominato dunque il primo capintesta della città.
La confraternita di Siviglia. Il primo esempio di associazione a delinquere in cui c’è una divisione dei guadagni si può rintracciare nella confraternita di Siviglia, anch’essa una società nella società che aveva la sua lingua, il suo codice, si giudicava da se medesima e si attribuiva sui propri membri il diritto di vita e di morte. Un punto di contatto tra la confraternita e la camorra emerge anche nell’organizzazione gerarchica, infatti a Siviglia i novizi si chiamavano “fratelli minori” e pagavano dei tributi ai “fratelli maggiori” sulle malefatte compiute. Proprio come i camorristi questi ultimi avevano il diritto di entrare a parte di tutto ciò che gli applicati portavano nella cassa comune; era poi il capo a distribuire il prodotto totale a tutti. Le più forti similitudini tra la camorra napoletana e quella spagnola si trovano però nell’ “Arciconfratenità della Guarduna” citata da Carlo D’Addosio. Molte delle caratteristiche di questa compagnia spagnola sono praticamente identiche alle regole della società camorristica primitiva ovvero al “Frieno” della “Società dell’Umirtà” scritto probabilmente da Francesco Scorticelli, contaiolo della camorra che nel 1842 scrisse il testo composto da 26 regole. Monnier però non ha mai creduto all’esistenza di questo documento in quanto all’epoca la maggior parte degli affiliati non sapeva né leggere né scrivere dunque la trasmissione delle regole sarebbe avvenuta oralmente. Innanzitutto l’organizzazione in una società maggiore e in una minore; la divisione in caposocietà in base al quartiere; il rispetto delle donne dei camorristi; la fedeltà; la tangente e ovviamente la punizione. Cioè che contraddistingue l’origine della camorra napoletana è il fatto che sia stata concepita e organizzata nelle carceri per essere propagandata poi nei quartieri della città. Come rivela Gigi Di Fiore, storico della camorra, l’urbanizzazione di Napoli e la miseria del suo centro storico fece sì che sin dal Cinquecento si concentrassero delinquenti che con furti e barbarie prosperavano. Tuttavia anche se le origini vanno ricercate in Spagna, nella penisola iberica non ci sono organizzazioni ad oggi comparabili.
Dai Borboni ai giorni nostri. Quello che la camorra poteva rappresentare, ovvero un fenomeno solo criminale, è diventato anche sociale e le cause sono da ricercare nel fallimento dell’Unità d’Italia. Per alcuni sociologi napoletani la camorra è un ammortizzatore sociale. Le rivolte del sottoproletariato qui non potrebbero avvenire perché è la criminalità a tenere a freno la violenza sociale e a godere di simpatie presso alcuni strati della popolazione inoltre i traffici massicci di droga facilitano questo compito di placare l’ansia diffusa. Negli anni della Restaurazione borbonica la Camorra si diede un’organizzazione che prevedeva tre livelli gerarchici: picciotto d’onore, picciotto di sgarro e camorrista. Ogni quartiere di Napoli era diviso a sua volta in paranze, ognuna aveva un caposocietà e a sua volta questi insieme eleggevano il capintesta. Far parte della camorra significava esibire una prova di coraggio mediante omicidio o sfregio del nemico, inoltre il candidato non doveva essere omosessuale passivo oppure avere la sorella o la madre prostituta. Una volta giudicato idoneo il candidato pronunciava il giuramento a cui seguiva il combattimento in duello con un camorrista. La principale attività della camorra era l’estorsione soprattutto nelle carceri dove avveniva per la maggior parte il reclutamento, oltre questo c’erano i mercati, le case da gioco e la prostituzione. Il potere della camorra si estese quando il ministro Liborio Romano chiese a Salvatore De Crescenzo (boss dell’epoca) di garantire l’ordine pubblico a Napoli all’arrivo di Giuseppe Garibaldi, in cambio di un’amnistia generale e di un’assunzione dei suoi uomini nella polizia. Il primo stop alla camorra arrivò invece nel 1915 con il Processo Cuocolo quando furono condannati ben 30 pezzi da 90 e nelle Caverne delle Fontanelle, nel popolare rione Sanità, l’organizzazione venne sciolta dai superstiti presieduti da Gaetano Del Giudice.
Nel Secondo Dopoguerra ci fu la rinascita con l’arrivo degli Alleati e il guadagno illegale procurato dal mercato nero. Ma il primo vero salto di qualità della camorra avvenne negli anni ’60 con il contrabbando di sigarette, Napoli diventò il primo porto nel Mediterraneo e nacquero le famiglie più potenti della città. Negli anni ’70 arrivò poi il legame con la mafia siciliana, esempio sono i boss Michele e Salvatore Zaza, Angelo e Lorenzo Nuvoletta, Raffaele Ferrara ed Antonio Bardellino. Solo però a partire dagli anni ’80 la camorra iniziò a conoscere una ricchezza senza misura derivante dai guadagni del narcotraffico. Eroina e cocaina, provenienti soprattutto dall’America Latina, portarono i clan in una dimensione internazionale al pari delle altre associazioni mafiose quali Cosa Nostra e la Ndrangheta calabrese. Cambia totalmente la struttura della camorra napoletana e si arriva così ai giorni nostri.
Oggi la camorra a Napoli è diventata “il Sistema“, le attività criminali sono gestite dai grossi clan impegnati in affari economici e finanziari. I camorristi sono imprenditori e operano nel settore del narcotraffico, in quello del contrabbando, del traffico d’armi, degli appalti e del traffico illegale di rifiuti tossici. Rispetto alla camorra delle origini quella del Duemila ha una struttura pulviscolare con centinaia di famiglie e clan sparsi su tutto il territorio che creano e rompono alleanze in base alle convenienze.
Bibliografia
La camorra. Notizie storiche e documentate – Marc Monnier
Storia della camorra- Francesco Barbagallo
Potere e Società a Napoli nel dopoguerra – Allum Percy A.
Storie di grandi camorristi e la prostituzione – Edoardo di Majo

