La scossa di terremoto che ha fatto tremare i Campi Flegrei, con una magnitudo di 3.8, ha fatto riemergere il problema del piano di evacuazione. Il caso di allarme infatti 500mila persone, della sola zona rossa, dovranno salvarsi in 72 ore. L’unico modo per andare via è lasciare la propria casa in modo autonomo o con mezzi messi a disposizione dallo Stato per arrivarci ai punti di accoglienza.
Dalla zona gialla dovranno poi spostarsi altre 800mila persone, dei comuni adiacenti ai Campi Flegrei, che saranno esposte alla caduta di ceneri vulcaniche e potranno quindi essere evacuate solo temporaneamente. Sono queste le azioni previste dal “Piano nazionale di protezione civile Campi Flegrei”, per il salvataggio della popolazione che vive nei comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto, Giugliano in Campania e parte della città di Napoli.
Cosa accade e quali sono le diverse zone
La zona rossa è esposta al pericolo di flussi piroclastici, pericolosi per le persone. In essa sono compresi i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, per intero, parte dei Comuni di Giugliano in Campania, di Marano di Napoli e alcune municipalità del Comune di Napoli. La zona gialla, in caso di eruzione, è esposta alla caduta di ceneri. Rientrano i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Casavatore e 24 quartieri del Comune di Napoli.
La popolazione, dalla fase si allarme e preallarme può spostarsi autonomamente in altre case, ricevendo aiuti dallo Stato. In alternativa può recarsi presso le Aree di attesa previste dai piani di protezione civile comunali, da cui partiranno i cittadini che scelgono di allontanarsi con il trasporto assistito. Il tempo complessivo stimato per questa operazione è di 72 ore (3 giorni).
Lo scenario dell’eruzione
Il sistema vulcanico flegreo è estremamente complesso, ci sono molti crateri e l’ultima eruzione risale al 1538 quindi non si può prevedere quando, come e dove avverrà la prossima. Non si può prevedere quanto durerà. Da uno studio probabilistico effettuato è emerso che, in caso di riattivazione del vulcano, si avrebbe circa il 95% di probabilità che si verifichi un’eruzione minore o media. Ovvero una colonna eruttiva, composta da gas e brandelli di lava incandescenti, si forma inizialmente. Poi ci sarà una seconda fase: la caduta di materiale vulcanico di grosse dimensioni, ma anche di ceneri e lapilli. Infine c’è lo scorrimento di flussi piroclastici (valanghe di gas, cenere e frammenti vulcanici). Tutto questo a temperature incandescenti e per diversi chilometri.