Voce di Napoli | Navigazione

Intervista a Pierdonato Zito, l’ergastolano laureato che parla ai giovani

Ha citato Kant, Seneca e Fromm. Ha parlato di letteratura, cultura e filosofia. È riuscito a diplomarsi e laurearsi, ottenendo sempre il massimo dei voti e concludendo il percorso accademico con un sonoro 110 e lode. La tesi che ha scritto si intitola: ‘Lo studio negli istituti penitenziari: il valore educativo tra formazione, resipiscenza e recidiva‘.  Chi è l’autore? Pierdonato Zito ergastolano 63enne che ha trascorso 30 anni in carcere di cui otto al 41bis.

Ora sta scontando la sua pena all’esterno, in un regime detentivo di semilibertà. La sua storia è uno schiaffo a tutti i giustizialisti. A tutti i politici incapaci di credere nell’articolo 27 della Costituzione che afferma l’umanità e la funzione rieducativa della pena. Ai governi che non riformano il sistema giudiziario e penitenziario. Proprio in queste ore il neo esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha messo in atto una stretta all’ergastolo ostativo contravvenendo ai richiami della Corte costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo (Cedu) che spesso e volentieri sanziona l’Italia.

Il motivo? Il Belpaese non è in grado di rispettare la sua carta costituzionale ed è quindi ‘illegale’ in quanto viola il proprio Stato di Diritto. Inutile dire che le multe sono pagate con soldi pubblici. E bisogna riconoscere che su questo tema non ci sono differenze tra destra e sinistra. Anche dall’altra parte la pensano più o meno allo stesso modo. Pierdonato li ha smentiti tutti. Nato in Basilicata nel 1959, è sposato ed ha tre figli: due maschi e una femmina, di 30, 32 e 34 anni. È anche già nonno.

Hanno visto il padre solo grazie ai colloqui in carcere. Incontri fatti in giro per l’Italia e lontani da casa, perché Pierdonato essendo stato condannato per reati associativi, non poteva essere detenuto in un penitenziario della sua regione. Caso ha voluto che Pierdonato è entrato ed uscito per la prima ed ultima volta dallo stesso carcere, quello di Secondigliano. In Campania ha avviato e concluso il suo percorso di studi.

Diplomatosi al Liceo di scienze umane ‘L. Bassi’ di Sant’Antimo nel 2017-2018, si è laureato in sociologia dell’educazione presso l’Università Federico II di Napoli, proprio in questi giorni. “Avevo persino paura di ammalarmi – ha raccontato Pierdonato a Vocedinapoli.itavevo sempre il terrore che potesse accadere qualcosa che mi impedisse di discutere la tesi e laurearmi. Volevo coronare questo sogno a tutti i costi, è stato un percorso molto lungo. In quel momento sentivo il battito del cuore della mia famiglia nel mio. È una soddisfazione che dedico a me stesso ma soprattutto a loro. Hanno vissuto un incubo, sempre additati come i ‘parenti di’, trascorrendo una vita nelle sale colloqui dei penitenziari“.

Oggi Pierdonato vive e lavora a Succivo (in provincia di Caserta). Svolge attività volontaria e non retribuita presso il Comune, nella sezione delle ‘Politiche sociali’. “Perché ho studiato la sociologia e la pedagogia? Perché grazie a queste materie e alla lettura di loro grandi esponenti, sono riuscito a compiere un viaggio dentro me stesso. A comprendere la mia natura e quella dei miei comportamenti. È grazie a questo che ho potuto fare il mio ‘atto di volontà’ e dare inizio a questa mia seconda vita“.

Fondamentale per Pierdonato anche l’incontro con un docente: “Non smetterò mai di ringraziare il professor Antonio Belardo. Ha trasformato la cella in una sorta di classe, rendendo un luogo detentivo in luogo formativo. Con lo studio il detenuto può decidere di impiegare bene il suo tempo. È un fatto scientifico ed è il principio sul quale si basa la mia tesi: negli istituti dove il recluso ha maggiore possibilità di studiare, la recidiva crolla drasticamente. In quei penitenziari nei quali il detenuto trascorre ore sopra una branda senza fare nulla, il dato della recidiva schizza in modo clamoroso. Il detenuto va responsabilizzato non trattato come una sorta di scolaretto“.

Ma come si può sopravvivere a 30 anni di carcere, di cui una parte al regime isolamento e massima sicurezza? “Con il passare del tempo, giorno dopo giorno, hai la sensazione di morire in cella. Vivi con l’attesa che ti arrivi una lettera da casa o che con la nascita di un nuovo governo possa cambiare qualcosa rispetto alle condizioni detentive. Il tuo corpo, la tua mente, la tua vista, si abituano agli spazi nei quali vivi e alle luci che guardi ogni giorno. Al 41bis non vedi nessuno, non parli con nessuno, senti solo te stesso e vedi solo mura e soffitto. Puoi sopravvivere solo con la motivazione, la perseveranza, la speranza e l’amore che hai per la tua famiglia. Paradossalmente quando li vedi devi anche essere positivo e credibile, dimostrargli che non ti hanno fatto ancora a pezzi. Perché a questo serve l’isolamento, ad annichilirti, a privarti delle sensazioni sensoriali“.

Pierdonato è autore di due libri, i cui incassi sono stati devoluti all’ospedale oncologico di Bari. Ha incontrato Papa Francesco e va in giro nelle scuole a raccontare ai giovani la sua esperienza: “Devo innanzitutto dimostrare che il magistrato di sorveglianza ha avuto ragione ad avere fiducia in me. Ha investito sulla mia persona e sul mio cambiamento. Agli studenti cerco di trasmettere quanto possa essere importante parlare con una persona che ha vissuto la mia vita. Se a 17 anni avessi parlato con un ergastolano, forse non sarei mai andato in carcere. Cerco di comunicare la passione che ci vuole nella socialità, rispetto al proprio lavoro e alla propria famiglia. Senza tutto ciò non abbiamo umanità e dignità. Per quanto mi riguarda spero un giorno di poter tornare a casa mia, nella mia terra. E di viverci senza che nessuno mi guardi con il pregiudizio. Io posso dire di essere cambiato, non so se tutti sono in grado di poterlo affermare“.